Ricordo con un pizzico di nostalgia gli
anni giovanili. Erano anni di passione politica e impegno sociale. Le
lotte sindacali avevano un senso d'appartenenza come aveva senso
schierarsi e condividere le idee politiche. Erano anni emotivamente
coinvolgenti. E pur senza tessere di partito ci si incontrava nelle
ferventi assemblee aperte al confronto dei simpatizzanti.
Il partito comunista di allora cresceva
giovani e li preparava a essere futura classe dirigente. Si discuteva
di pluralità democratica nei posti di lavoro e per le piazze. E le
manifestazioni di solidarietà erano frequenti e d'interesse
collettivo.
Non ho mai voluto tessere di partito ma
mi sentivo vicino anzi sentivo che il mio posto era tra le fila della
democrazia liberale definita di sinistra. E sì, le definizioni...
il pci d'allora esprimeva la sua linea
attraverso Enrico Berlinguer. E annoverava tra le sue
fila intellettuali come Stefano Rodotà. E operai. Studenti.
Ricordo l'elezione del prof Stefano
Rodotà come indipendente nelle liste del pci. … e come gli
iscritti enfatizzavano la candidatura casa per casa. Sì, allora il
contatto c'era.
E poi c'erano i ragazzi. I giovani
allevati a pane e politica. Giovani intellettuali impegnati che
sapevano essere trainanti. Ho ancora i brividi nella schiena quando
penso ai cortei, agli slogan s, alle intenzioni, alla voglia di
cambiamenti. A quando si gridava “la fantasia al potere”.
Ma non era, per alcuni, solo passione
politica pura e fine a sé. C'erano anche allora gli arrampicatori
sociali (e non è populismo! ma analisi, fredda analisi basata sui
risvolti che hanno portato conseguenza funeste). Le mele marce ci
sono state e, ci saranno! sta a noi saperle individuare e isolarle.
Ferite che bruciano ancora. Lenite
dall'impegno dei numerosi passionari che hanno dato gratuiti e a
volte gravosi contributi al movimento per la crescita democratica e
intellettiva degli ultimi.
Gli esempi ultimi non sono dei più
edificanti. I cavalli di razza si vedono nel lungo termine. Molti
“compagni” hanno sbagliato e continuano a farlo.
Boriosi. Cavalcano la tigre del
malcontento. Si fregiano coi vecchi e smunti abiti e inneggiando alle
storiche icone morte e sepolte.
Ricordo anche di un militante che ha
fatto la trafila e da iscritto fu designato a condurre le sorti del partito nella
moribonda Calabria. Ma non fu compreso. I tempi erano inadatti per le
aperture mentali del compromesso storico. Un uomo che, sembra un assurdo, non navigava nell'oro e non si è arricchito con la politica.
Erano gli anni dei Franco Politano,
Quirino Ledda, Enzo Ciconte, ma anche dei Guido Rhodio, Pierino
Amato, Marcello Furriolo, Leopoldo Chieffallo, Cesare Mulè e prima
ancora Elio Tiriolo, Ernesto Pucci … .
E poi, al seguito, gli arrivisti;
arrampicatori e funamboli pronti a saltare da un carro all'altro
dimenticando i valori sani del servizio che porta all'impegno in
politica.
L'imperativo categorico consisteva nel
prestare attenzione verso i bisogni degli ultimi e tentare di
sollevare dalle miserie quanti soffrivano l'emarginazione delle
povertà culturali e materiali.
Oggi Povertà aggravate dai bisogni che
mettono l'uno contro l'altro. Che fanno vedere nemici dappertutto!
Che fanno erigere muri alimentati dalla diffidenza urlata dai
trascinatori, e proprio in questi giorni abbiamo assistito al peggio,
frutto della stupidità da parte di quell'orda barbarica in cerca di
un capo assoluto.