mercoledì 16 dicembre 2020

Emergenza temperature polari

Oltre i vetri una lingua di sole taglia il pavimento. Una palla indefinita sta lì, immobile! Che sarà?, mi chiedo. Non ho lasciato niente sul balcone. E non ho steso panni ad asciugare. Quindi?

Mi avvicino e, come un equilibrista dal fare incerto, un passo dietro l'altro, si allontana dall'infisso del balcone.


È un piccione! Infreddolito, cerca ristoro su quella lingua di sole adagiata sulle mattonelle. Ha paura. Saltella. Sbatte. Mi allontano. Tenta di alzarsi in volo. E riesce dopo vari tentativi a salire sul davanzale. Si ferma. Cerca e trova ristoro al caldo abbraccio del sole.

È in buona salute. Si vede benissimo! Ciononostante gli avvicino mezzo panino.

Nathan, il piccione, questo il nome che abbiamo pensato per lui, non lo degna. Fa il pieno di calore e spicca il volo. 

L'inverno è un pessimo alleato. Mi riporta alla mente una roba analoga:

mi trovavo in viaggio. La 500L camminava spedita. E subito dopo un tornante, uno dei tanti della strada di montagna, tra i fiocchi di neve qualcosa di scuro si abbatte sul parabrezza. Spengo i tergicristalli. Arresto la macchina. Tiro il freno a mano e scendo.

Il passerotto intirizzito era tramortito dall'inclemenza del meteo. Lo raccolgo da terra e lo porto dentro l'abitacolo. Il tepore dell'aria calda dà i primi risultati. E dopo qualche decina di metri inizia a svolazzare. Fermo la macchina. Apro il finestrino e... il kamikaze va incontro al freddo deciso. E' u tempu de' mali vestuti, si diceva un tempo perché chi non aveva un riparo adeguato e pasti caldi, all'arrivo dell'inverno, tantissimi rimanevano vittime del freddo e della fame


domenica 13 dicembre 2020

Pandemia: aggettivi adeguati e solidarietà

Inizia la guerra dei vaccini.

Guerra! È una parola fuorviante ma che sentiamo troppo spesso nel linguaggio corrente di giornalisti e politici mentre lanciano i proclami in tv.

È una parola che non piace a Gino Strada e lo dice chiaramente a Lucia Annunziata nella trasmissione “in ½ ora”.

Non piace neanche a me. Ma io sono nessuno e non ho l'autorità e la potenza mediatica di Gino Strada.

Non piace neanche la definizione: “battaglia al virus” e neanche “guerra al virus” a chi ha visto davvero i devastanti effetti della guerra e le battaglie delle persone che per sopravvivere alla fame, alla siccità, alla carestia e ai soprusi sono costretti ad ingaggiare.



La pandemia è un monito!

Un monito contro chi ha anteposto gli affari privati al bene comune. Alla politica degli orticelli dei privilegiati. E pare che in questione di vaccini non si è molto lontani dagli affari. C'è una gara in atto! Chi arriva prima è premiato dalle borse. E la linea dei profitti balza in avanti tra i giocatori. Le offerte impennano e le azioni prendono il volo.

Le industrie farmaceutiche hanno necessità di fondi per portare avanti le ricerche. È giusto tutto ciò?

È umano. L'importante che si faccia con onestà intellettuale e con lo sguardo volto al bene comune. Con la volontà di favorire davvero l'immunità di gregge. E per fare questo si deve vaccinare almeno il 60, 70% della popolazione mondiale.

In Africa manca il pane quotidiano e i farmaci essenziali, da banco, come li definiamo noi, figuriamoci se le popolazioni del continente più povero e sfruttato della terra saranno interessate a questa ondata massiccia di vaccinazioni proclamata dalle potenze economiche. Eppure dovrebbe interessarci! Perché il virus lo debelli solo con l'immunità di gregge. Non bastano le parole tese a tranquillizzare i cittadini europei o americani.

È necessario un po' di buon senso. Si deve portare il vaccino e somministrarlo ai meno abbienti in Africa e nei posti ad alta densità dove il sovraffollamento è una maledizione e la gente soffre l'inferno in terra per povertà e indigenza.  

venerdì 11 dicembre 2020

App io e ostacoli digitali da evitare

Dicono che la recente applicazione “io” varata dal governo per incentivare i cittadini all'uso delle carte di credito e quindi mandare in pensione le vecchie banconote e monetine evidenzia qualche problemino.


Molti hanno scaricato l'app suggestionati più dal “rimborso” che questa operazione pare garantire piuttosto che dalla necessità di dare una tracciabilità alle spese sostenute e quindi all'emersione del nero.

Per quanti hanno pagato le prestazioni e le tasse l'incentivo del 10% sulle spese maturate diventa irrilevante. Addirittura diseducativo e fuorviante. Secondo un'equazione semplicissima se tutti pagassimo le tasse e non ci fossero u furbetti molti problemi sarebbero inesistenti per chiunque viva in Italia.

Senz'altro chi possiede capitali e ricchezze fuori dal comune e si affida agli affaristi per nasconderli nei paradisi fiscali mediante scatole cinesi la tracciabilità delle proprie spese con “l'app io” li lascia indifferenti.

Chi invece vi accede è il misero cittadino costretto dal bisogno di potere recuperare qualche spicciolo. Insomma è il contribuente che chiede lo “sconto” quando va a fare la spesa che scarica l'applicazione. E spesso è a digiuno delle diavolerie imposte dalla digitalizzazione. Infatti la pubblica amministrazione impone molti difficili passaggi affinché l'app eroghi il servizio richiesto.


Passaggi inutili se solo si incentivasse in maniera diversa l'uso della carta di credito.

Un metodo semplice potrebbe essere quello di eliminare le spese bancarie di tenuta conto (anche perché le banche ci lavorano e guadagnano coi depositi dei clienti). È un'opzione semplice da mettere in campo. D'altronde i controlli incrociati tra inps, fisco, agenzia delle entrate e banche esistono già e sono esonerati dalla tutela della privacy e dalla liberatoria richiesta dall'app io.

Intanto, per chi volesse usufruire di questo sistema governativo di tracciabilità e risparmiare qualche soldino deve munirsi di un account, spid o carta di identità elettronica.

Quindi: un indirizzo email, (gratuito), una carta di identità elettronica che costa circa 25€ oppure lo spid che è una sorta di identità alfanumerica rilasciata da aziende accreditate dalla PA e comporta una serie di passaggi arzigogolati.

Per concludere:

I dati necessari all’iscrizione sono:

  • il tuo Codice Fiscale, che IO legge automaticamente dall’account SPID o CIE con cui effettui l’accesso all’app;

  • gli estremi identificativi dei tuoi metodi di pagamento elettronici per iniziare ad effettuare acquisti che siano validi ai fini del programma;

  • un codice IBAN, per l’erogazione degli eventuali rimborsi.


mercoledì 9 dicembre 2020

Prime feste senza la tua presenza

Nelle tradizioni popolari le varianti al tema, in cucina e nei detti, sono un'infinità e variano da una regione all'altra. I territori mantengono ancora alte molte tradizioni che si tramandano da genitori a figli.

Un piatto che ricorre sempre durante le feste dell'Immacolata, giorno in cui si tirano fuori dagli scatoloni gli addobbi natalizi, è il capretto al forno. La ricetta si perde nella notte dei tempi e le varianti sono poche:

si soffrigge la cipolla e si mette il capretto nel tegame. Si lascia cuocere lentamente sul fuoco e poi si inforna. Alcune aggiungono i piselli, altre i carciofi.

Il profumo inonda gli ambienti. I ricordi riaffiorano. E le frasi continuano a vibrare nell'aria: “u caprettu è sbrigogna muggheri” il capretto è un piatto prelibato che, legato alla tradizione popolare, rammenta il sacrificio dell'Innocente. Ma nel contempo, alla resa dei conti, in tavola sembra essere ben poca roba. Da ciò il detto che non fa fare una gran bella figura alla padrona di casa che lo porta in tavola. Insomma, non è una pietanza abbondante!



Questo è il primo anno senza Vasco. Lui ne era ghiotto! Tutti, a tavola, abbiamo rivolto il pensiero a lui. Ci manca!

E poi, nel cielo, come per incanto, un profilo prende forma. no. Non può essere una suggestione. È al nostro fianco... sempre. Come i nostri cari che, lasciato il fardello corporeo, seguono le nostre vicissitudini terrene e ci confortano nello spirito

giovedì 3 dicembre 2020

Corvi a corvo

Di colpo sopra le nostre teste una nuvola nera oscura ancora di più il cielo. Il gracidare nevrotico accompagna i battiti d'ali dello stormo che si apre fino a coprire le minacciose nuvole.

Il maltempo ha già mietuto vittime e i danni non si quantificano facilmente.

La natura è una valida alleata se tenuta nella giusta considerazione ma di questo ne parleremo in seguito. Al momento è impressionante lo stormo di corvi che vola sopra le nostre teste mi rammenta il celebre dipinto di Van Gogh. I presagi funesti. La tensione emotiva del forte contrasto cromatico dei corvi sul campo di grano dipinto da Vincet nei giorni che precedettero la sua morte.

I corvi sono ritenuti per antonomasia uccelli del malaugurio. Poverini! Sono ritenuti alla stregua del gatto nero forieri di cattive notizie e disastri. Dimentichiamo, però, che il fare dell'uomo è spesso il vero disastro. E chi è causa del suo mal pianga sé stesso!

I corvi, come gli altri uccelli e animali ci indicano che la tempesta sta per arrivare. La sentono nell'aria. Sono un campanello d'allarme. E se l'uomo non ha deturpato l'ambiente non ha di ché preoccuparsi. Deve solo prendere atto dell'imminente acquazzone e stare al riparo aspettando che cessi. Magari andando col pensiero a chi non ha un tetto adeguato sulla testa. Ai barboni che popolano le città e ai senzatetto, ai nuovi e vecchi poveri costretti nelle baraccopoli. Agli ultimi!

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