venerdì 11 dicembre 2020

App io e ostacoli digitali da evitare

Dicono che la recente applicazione “io” varata dal governo per incentivare i cittadini all'uso delle carte di credito e quindi mandare in pensione le vecchie banconote e monetine evidenzia qualche problemino.


Molti hanno scaricato l'app suggestionati più dal “rimborso” che questa operazione pare garantire piuttosto che dalla necessità di dare una tracciabilità alle spese sostenute e quindi all'emersione del nero.

Per quanti hanno pagato le prestazioni e le tasse l'incentivo del 10% sulle spese maturate diventa irrilevante. Addirittura diseducativo e fuorviante. Secondo un'equazione semplicissima se tutti pagassimo le tasse e non ci fossero u furbetti molti problemi sarebbero inesistenti per chiunque viva in Italia.

Senz'altro chi possiede capitali e ricchezze fuori dal comune e si affida agli affaristi per nasconderli nei paradisi fiscali mediante scatole cinesi la tracciabilità delle proprie spese con “l'app io” li lascia indifferenti.

Chi invece vi accede è il misero cittadino costretto dal bisogno di potere recuperare qualche spicciolo. Insomma è il contribuente che chiede lo “sconto” quando va a fare la spesa che scarica l'applicazione. E spesso è a digiuno delle diavolerie imposte dalla digitalizzazione. Infatti la pubblica amministrazione impone molti difficili passaggi affinché l'app eroghi il servizio richiesto.


Passaggi inutili se solo si incentivasse in maniera diversa l'uso della carta di credito.

Un metodo semplice potrebbe essere quello di eliminare le spese bancarie di tenuta conto (anche perché le banche ci lavorano e guadagnano coi depositi dei clienti). È un'opzione semplice da mettere in campo. D'altronde i controlli incrociati tra inps, fisco, agenzia delle entrate e banche esistono già e sono esonerati dalla tutela della privacy e dalla liberatoria richiesta dall'app io.

Intanto, per chi volesse usufruire di questo sistema governativo di tracciabilità e risparmiare qualche soldino deve munirsi di un account, spid o carta di identità elettronica.

Quindi: un indirizzo email, (gratuito), una carta di identità elettronica che costa circa 25€ oppure lo spid che è una sorta di identità alfanumerica rilasciata da aziende accreditate dalla PA e comporta una serie di passaggi arzigogolati.

Per concludere:

I dati necessari all’iscrizione sono:

  • il tuo Codice Fiscale, che IO legge automaticamente dall’account SPID o CIE con cui effettui l’accesso all’app;

  • gli estremi identificativi dei tuoi metodi di pagamento elettronici per iniziare ad effettuare acquisti che siano validi ai fini del programma;

  • un codice IBAN, per l’erogazione degli eventuali rimborsi.


mercoledì 9 dicembre 2020

Prime feste senza la tua presenza

Nelle tradizioni popolari le varianti al tema, in cucina e nei detti, sono un'infinità e variano da una regione all'altra. I territori mantengono ancora alte molte tradizioni che si tramandano da genitori a figli.

Un piatto che ricorre sempre durante le feste dell'Immacolata, giorno in cui si tirano fuori dagli scatoloni gli addobbi natalizi, è il capretto al forno. La ricetta si perde nella notte dei tempi e le varianti sono poche:

si soffrigge la cipolla e si mette il capretto nel tegame. Si lascia cuocere lentamente sul fuoco e poi si inforna. Alcune aggiungono i piselli, altre i carciofi.

Il profumo inonda gli ambienti. I ricordi riaffiorano. E le frasi continuano a vibrare nell'aria: “u caprettu è sbrigogna muggheri” il capretto è un piatto prelibato che, legato alla tradizione popolare, rammenta il sacrificio dell'Innocente. Ma nel contempo, alla resa dei conti, in tavola sembra essere ben poca roba. Da ciò il detto che non fa fare una gran bella figura alla padrona di casa che lo porta in tavola. Insomma, non è una pietanza abbondante!



Questo è il primo anno senza Vasco. Lui ne era ghiotto! Tutti, a tavola, abbiamo rivolto il pensiero a lui. Ci manca!

E poi, nel cielo, come per incanto, un profilo prende forma. no. Non può essere una suggestione. È al nostro fianco... sempre. Come i nostri cari che, lasciato il fardello corporeo, seguono le nostre vicissitudini terrene e ci confortano nello spirito

giovedì 3 dicembre 2020

Corvi a corvo

Di colpo sopra le nostre teste una nuvola nera oscura ancora di più il cielo. Il gracidare nevrotico accompagna i battiti d'ali dello stormo che si apre fino a coprire le minacciose nuvole.

Il maltempo ha già mietuto vittime e i danni non si quantificano facilmente.

La natura è una valida alleata se tenuta nella giusta considerazione ma di questo ne parleremo in seguito. Al momento è impressionante lo stormo di corvi che vola sopra le nostre teste mi rammenta il celebre dipinto di Van Gogh. I presagi funesti. La tensione emotiva del forte contrasto cromatico dei corvi sul campo di grano dipinto da Vincet nei giorni che precedettero la sua morte.

I corvi sono ritenuti per antonomasia uccelli del malaugurio. Poverini! Sono ritenuti alla stregua del gatto nero forieri di cattive notizie e disastri. Dimentichiamo, però, che il fare dell'uomo è spesso il vero disastro. E chi è causa del suo mal pianga sé stesso!

I corvi, come gli altri uccelli e animali ci indicano che la tempesta sta per arrivare. La sentono nell'aria. Sono un campanello d'allarme. E se l'uomo non ha deturpato l'ambiente non ha di ché preoccuparsi. Deve solo prendere atto dell'imminente acquazzone e stare al riparo aspettando che cessi. Magari andando col pensiero a chi non ha un tetto adeguato sulla testa. Ai barboni che popolano le città e ai senzatetto, ai nuovi e vecchi poveri costretti nelle baraccopoli. Agli ultimi!

mercoledì 25 novembre 2020

L'attesa

E poi, a sera, ti metti comodo, nella poltrona preferita e lasci andare la mano. Al principio cerchi solo di spegnere la mente. E non pensare. Mettere fuori la porta le notizie peggiori. Quelle notizie deleterie che avvelenano le coscienze peggio della pandemia che ci costringe a tenere alta la guardia.

La mano va. Traccia in una sorta di scrittura automatica segni e forme ataviche. Qualcosa prende forma sul foglio. E ti accorgi che non tutti i problemi sono rimasti fuori la porta.

Le tematiche serie si sono radicate e condizionano il subconscio.

Prendono forma. E non possono sfuggire alla dittatura critica razionale. I volumi si evidenziano. Le linee si allungano fino a dare forme concrete e assolutamente attuali:

l'Africa; la Calabria come terre da colonizzare. E la figura umana che assurge a simbolo universale della creatività spesso confusa, umiliata, posseduta e poco amata davvero: la donna!

Il tutto amalgamato dai chiaroscuri mentali delle forme dis-umane che allignano nei concetti predatori. Atteggiamenti marcescibili ma che al momento rendono profitti a chi attua i progetti. Il qui e adesso è un concetto imperativo.

Il bene comune è una idea alta e sublime che si lascia volentieri ai romantici. Ai donchisciotte del momento si pongono rebus sempre più contorti e poco apprezzabili dalla pochezza di pensiero della massa incolta protesa a far quadrare i conti col superamento delle difficoltà oggettive strumentalizzate ad arte dai negazionisti pragmatici. Personaggi in malafede, viscidi portatori d'acqua senza scrupoli. Servi sciocchi privi di dignità che alimentano meschine dicerie non solo per il gusto blasfemo di affossare qualcuno ma per guadagnare quei trenta miserabili denari nefasti.



domenica 22 novembre 2020

il nuovo umanesimo dettato da Francesco

La chiave del futuro è nei sogni dei giovani, nel loro vedere senza orpelli e pregiudizi a un domani che sia speranza vera non calcolo matematico, interesse o speculazione. E’ al loro entusiasmo, alla loro fantasia e creatività che Papa Francesco ha guardato, sulla scia della “Laudato si” che al mondo ha consegnato “il grido della terra e dei poveri”, per rilanciare una sfida grande e impegnativa: “restituire un’anima all’economia”.

“Urge una diversa narrazione economica, urge prendere atto responsabilmente del fatto che l’attuale sistema mondiale è insostenibile da diversi punti di vista e colpisce nostra sorella terra, tanto gravemente maltrattata e spogliata, e insieme i più poveri e gli esclusi”.


Le parole di papa Francesco sono destabilizzanti per quanti credono nel profitto e per suo nome diffondono false notizie e seminano il dubbio nelle menti deboli.

L'egoismo è una malapianta difficile da estirpare.

Lo sappiamo bene noi calabresi che viviamo ancora “sottopadrone”. E le ultime vicende lo dimostrano:

da una parte la politica spregiudicata che pur di mantenere il dominio alza veti e polveroni. Sovverte i fatti. Depista e crea nuovi nemici. Nasconde la verità e ne crea una posticcia utile ad una ristretta cerchia di amici faccendieri.


La Calabria, come l'Africa, è terra degli ultimi. Entrambe terre ricche di risorse naturali e di intelletti. Intelletti tenuti sotto scacco giacché la cultura e quindi la conoscenza critica evolve ed emancipa le coscienze.

La voce di Francesco destabilizza i poteri temporali precostituiti. È una minaccia per gli affari.

Francesco è una guida rivoluzionaria. Un vero missionario con lo sguardo rivolto alle necessità reali degli ultimi e di quanti soffrono a causa di una economia malata di egoismo.

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