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domenica 17 novembre 2024

Idealità e idealismi

 


 

 

1978. fermenti

 

La politica così com’è concepita non mi piace. Preferisco occuparmi di civismo. Del ruolo che ognuno di noi dovrebbe occupare in società. E testimoniare l’impegno posto al servizio della collettività bandendo i personalismi. Impegnati a migliorare la qualità della vita e non lasciare nessuno indietro a pietire opportunità e diritti legittimi.

venerdì 1 maggio 2020

Una bella favola

Libertà, lavoro tra sfruttati, emancipati, lobby e capitale


Il lavoro non sempre rende liberi. Anzi, quando non emancipa dalla fatica e dalla schiavitù del salario, è sofferta costrizione per quanti sono costretti a servire cattivi padroni.

Gli schiavi di esseri umani continuano ad esercitare il macabro mercato. Le organizzazioni sindacali sembra che, in funzione della nuova organizzazione del lavoro e per limitare i danni connessi, abbiano ceduto terreno e conquiste alla classe dominante, alle lobby e al capitalismo selvaggio.
"una bella favola"

Le nuove realtà sociali im-produttive si chiamano: lavori socialmente utili, esodati, cassintegrati, disoccupati di lungo e medio termine, sfruttati, lavoratori in nero o del sommerso, braccianti immigrati, collaboratrici domestiche, badanti.
È un esercito sconfinato che vive ai margini della miseria composto di donne, bambini e uomini giovani e vecchi che affronta con piccoli espedienti le giornate. Giorni che si ripetono uguali; ore che scandiscono enormi sacrifici. Persone che forse non hanno mai avuto modo di conoscere il pensiero filosofico di pensatori e sindacalisti e le lotte culturali di quanti hanno messo al servizio degli sfruttati il loro impegno.

Il lavoro svolto per necessità non è liberazione ma sottomissione, sfruttamento, asservimento al dio denaro! E se, come si dice, il denaro è lo sterco del diavolo, meglio tenersi lontani! Essere Angeli! Creature emancipate, che usano il loro tempo terreno al meglio. Impegnandosi in attività gratificanti. Solo così il lavoro è libertà. Liberazione dalle pastoie capitalistiche. Dallo sfruttamento. Dalla sottomissione ricattatoria imposta dalla teoria del consumo veloce alla quale ci siamo adeguati con estrema mitezza.

Negli anni, dalle prime lotte per conquistare il diritto di lavorare 8 ore al giorno e avere corrisposto un salario garantito e adeguato (?), molte conquiste sociali sono andate perse per favorire le pretese di certi imprenditori e di certa politica.

Oggi paghiamo lo scotto. E lo paghiamo tutti. Dipendenti. Bisognosi. Benestanti. Imprenditori!

Esserci appiattiti sulle ovvietà. Diventare cacciatrici e cacciatori di “like”. Esporre il lato b o due canotti ben gonfiati dal chirurgo plastico: apparire piuttosto che essere! Non poteva durare in eterno. Alla fine arriva il conto. E che conto!

È ancora possibile augurare e augurarci un buon primo maggio? Per il presente e il futuro? Riusciremo a ritrovare il filo logico del pensiero positivo che lascia sì spazi al divertimento e alla spensierata visione goliardica della movida, alle piazza piene; agli stadi pieni. Ai concerti affollati! E alle rappresentazioni culturali in generale senza il timore del contagio? Riusciremo a relazionarci senza dare peso alle esteriorità? Ai titoli. Alle griffe che portiamo addosso?

sabato 1 giugno 2019

QUANDO LA SINISTRA DIMENTICA

I braccianti in Calabria è una raccolta di fotografie scattate in Calabria tra il 1970 e il 1980 da Ledda e Veltri. Foto rigorosamente in bianco e nero.

La raccolta con la prefazione di Saverio Di Bella e la collaborazione di Quirino Ledda, all'epoca consigliere regionale del pci e vicepresidente della regione Calabria, e Filippo Veltri, giornalista de “l'Unità “, insieme con la passione della fotografia testimoniano il fervore politico nonché spaccati di vita quotidiana nelle campagne e nei paesi calabresi.

Dieci anni di lotte dei braccianti, dei forestali, dei giovani e delle donne per una Calabria diversa. Si legge in quarta di copertina.
Immagini che testimoniano grandi mobilitazioni unitarie ma anche momenti di vita familiare contadina e operaia. Dieci anni di storia sono raccontati per immagini e testimoniano la crisi economica e sociale della regione che avrebbe dovuto essere parte attiva della “questione meridionale”. Una regione che non seppe utilizzare le risorse e rinascere dalle proprie ceneri a nuova vita.
A spulciare oggi quelle 94 pagine sembra che tutte le sofferenze patite dai lavoratori e le proposte d'intenti urlate nei cortei e nelle piazze dai leader politici e di categoria siano stati vani.


Siamo caduti nell'ennesima barbarie culturale.
A sentire i nuovi leader politici pare che le maestranze, la mano d'opera in generale, non copra un ruolo importante nell'economia nazionale e globale. Negli schemi mentali dei politici e delle lobbie c'è al primo posto l'azienda e gli imprenditori coi rispettivi investimenti. Sarà per questo che a Taranto si continua a morire?

La cosa strana e inaccettabile per quanti hanno seguito e combattuto le ingiustizie sociali sta nella nuova linea dei dirigenti del pd, cioè di quelli che avrebbero dovuto essere il “nuovo” del partito di sinistra in Italia legato ai sovietici. Un partito laico e poliedrico che, oltre alle tutele dei cittadini avrebbe dovuto inglobare le necessità degli imprenditori. Non più muri tra i due sistemi, niente barricate frapposte tra lavoratori e padroni ma proficue collaborazioni per il bene comune.
Dopo la caduta del muro di Berlino la cortina di ferro e la guerra fredda tra usa e urss, in Italia e nel resto d'Europa necessita rinnovare le menti, espandere le risorse sociali, economiche e culturali senza però dimenticare i tantissimi martiri caduti sulla strada delle conquiste sociali per la tutela dei lavoratori.

venerdì 18 marzo 2011

energie comuni per migliorare la società



Tutto è energia. Azione; pensiero; lavoro; ognuno dei concetti espressi racchiude e sprigiona energie.

La propagazione delle energie non è buona o cattiva. Buono o cattivo è l'uso che se ne fa. Sta alla buona volontà degli uomini che hanno il difficile compito di guidare altri a sapere discernere il bene dal male e dare le giuste linee guida sociali affinché tutto proceda per il meglio.

La storia insegna che non sempre le scelte operate dai dirigenti nazionali e dagli statisti sono risultate idonee a migliorare il benessere collettivo.
E, di volta in volta, i giovani, spinti dall'entusiasmo che alimenta i sogni e la bellezza delle idee, si mobilitano, contestano il sistema, ma, spesso, la reazione di chi dovrebbe ascoltare e mediare accordi con le parti sociali dissenzienti non è democraticamente aperta.

Le reazioni della politica nei confronti dei dissenzienti sono determinate da fattori sociali contingenti disconosciuti dalla massa oltre che dal pensiero culturale di chi governa.

La mancanza di dialogo e, quindi, l'assenza d'interlocuzione tra cittadini e rappresentanti dello Stato rispetto a un dato problema, determina incomprensioni e a volte, quando l'allarme sociale raggiunge livelli eccessivi, lo scontro.

Nulla di nuovo, quindi. È un assioma ineluttabile; che, stando ai fatti recenti si ripete a discapito della società mondiale intera, vedi il disastro nucleare in Giappone per quanto concerne l'arroganza decisionale del potere politico ed economico che ha imposto le centrali nucleari, nonostante Chernobyl;
le guerre in Africa, ultima quella scaturita dalla pazzia sanguinaria dei Gheddafi;
la distribuzione anomala della ricchezza che vede come conseguenza logica il proliferare di nuove povertà e flussi enormi d'immigrati che a loro volta risvegliano vecchie paure tra i ceti medi e nella piccola borghesia che ancora resiste.

venerdì 18 giugno 2010

Bakunin per noi

Contemporaneità del pensiero filosofico Bakuniano.

Alcune letture rimangono impresse nella memoria e quando meno te l’aspetti riaffiorano come a voler confermare la veridicità di quanto postulato dagli autori. E stamane è successo! Si è ripresentata alla mente la frammentazione di una discussione avvenuta intorno al milleottocentosessanta, tra un filosofo, convinto assertore dell’emancipazione proletaria dalla schiavitù, e un suo amico che, dopo essere stato testimone di un duro quanto brusco episodio, dice al pensatore: “… come, proprio tu che fai proseliti per l’emancipazione delle masse, dei poveri eccetera tratti così male un tuo servo!”. E il nobile uomo, senza scomporsi: “Vedi caro amico, fino a quando non saranno emancipati dalla loro ignoranza, devono essere trattati così altrimenti confondono principi e idee di uguaglianza e libertà…”.

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