mercoledì 16 agosto 2017

Fedeli per decreto

Le leggi servono per disciplinare la società e quindi gli uomini che vivono nelle comunità in cui si applicano. La disciplina delle leggi riguarda il modo di intendere le cose comuni; i diritti e i doveri che ogni cittadino appartenente alla comunità deve conoscere e rispettare.

Vi è il diritto politico, civile, religioso, appunto! Però, chiedo: si può regolamentare con una legge la spiritualità, il bisogno “irrazionale” votato alla misticità, all'imprescindibile necessità interiore che porta ad astrarre il Supremo dalla materia e quindi all'Assoluto?
Può, una comunità, essere indotta a pregare altrove e dentro limiti fisici imposti da un incomprensibile articolo scritto dagli uomini anche se definito “diritto canonico”?

Se fosse così allora non si dovrebbe dire messa neanche nelle piazze e nelle foreste... che non ricadono in una area diocesana disciplinata da un notaio.

Dietro l'attuale decisione di mons. Renzo, vescovo di Vibo-Mileto-Tropea, e la fondazione dedicata a Natuzza Evolo, che ha portato indignazione e incertezza tra i fedeli che si recano a Paravati, e per alcuni simile alla località francese dei tre pastorelli di Lourdes, c'è qualcosa che non convince.

Difficile credere che Papa Francesco, uomo lontanissimo dalle cose terrene possa pensare che per celebrare e sentire la SS Messa si debba essere in un luogo definito dagli articoli di diritto canonico, e quindi consacrato per legge.

Consacrare un edificio privato, la chiesa costruita con le offerte dei devoti a Paravati e consentire ai pellegrini devoti al culto mariano e a Natuzza che è stata in vita testimone dell'Amore Divino e partecipare alla SS Messa solo dopo essere affidata alla diocesi per il culto, stabilendo competenze di ciascuno (fondazione e diocesi), con un “disciplinare redatto davanti al notaio” è in antitesi con L'Amore universale predicato da Gesù.
Francesco con le sue decisioni ha frantumato l'ovvio, ha rimesso in discussione le prassi consolidate dei poteri terreni e i privilegi dei pochi. E con il Giubileo Straordinario della Misericordia del 2015, significativamente, inizia il viaggio apostolico dall'Africa. Anticipa così l'inizio del giubileo in una terra colpita da guerre e fame: la Repubblica Centrafricana varcando la porta santa della cattedrale di Notre-Dame di Bangui.

Alla luce di ciò, che dire della “beatificazione” di Natuzza, sospesa?

lunedì 14 agosto 2017

Le malelingue

Le malelingue sono quelle persone che ricamano sulle decisioni e sui pensieri degli altri senza conoscerne le vere intenzioni e le motivazioni che hanno spinto ad assumere determinati atteggiamenti nei confronti della vita, la propria e quelle dei congiunti più prossimi di quanti sono oggetto delle attenzioni dei maldicenti.

Le malelingue non sempre sono cattive; spesso e nella maggior parte dei casi sono stupide lingue che partono in interminabili maratone logorroiche senza prima accertarsi di essere connesse al sistema centrale: il cervello!

Le malelingue hanno gli occhi chiusi. Li sbarrano a doppia mandata lasciando solo una fessurina piccola piccola per sbirciare sulle viuzze incerte dei loro simili e camminarvi sottobraccio evitando di inciampare nella pacata intelligenza delle loro vittime e ammettere gli errori causati dalla parolaia soverchiante protervia che le accomuna.

Stupidità e invidia moltiplicano la merda esistenziale dei mal dicenti che gettano codardamente sugli ignari malcapitati esponenziali ambigue fantasie. Lingue biforcute, e ce ne sono molte che spiano nella vita degli altri ma che non si soffermano ad introspezioni costruttive, che rovinano con giudizi sbagliati le socialità e spingono verso il basso la crescita culturale dei singoli e quella collettiva.

Questa la sintesi che leggo nel “capriccio di creta” plasmato dal maestro Mario Iannino. Di cui vittime siamo un po' tutti.

domenica 13 agosto 2017

L'altalena

Il vecchio centenario ulivo sta lì. Nella nuova veste di albero da arredo. Paziente sopporta le grida di gioia dei piccoli ospiti.
“Sempre meglio che essere sbattuto da quella macchina infernale. Ogni anno, durante la raccolta delle olive, il vibrare incessante che m'imprimeva lo scuotitore mi faceva soffrire di un dolore gratuito inferto dall'uomo solo per fare prima. Voleva arrivare al frantoio presto e controllare personalmente la spremitura. Non voleva che le olive rimanessero a fermentare nei sacchi per lungo tempo dopo la raccolta. “chi prima arriva bene alloggia” sosteneva il vecchio e non aveva tutti i torti! E siccome, stando alle direttive, tra orario di lavoro e pulizia delle macine, a volte, quando il raccolto era abbondante, potevano trascorrere alcuni giorni. E nell'attesa l'acidità poteva pregiudicare il prodotto e quindi la vendita.

Voleva essere certo che il proprio olio, vanto del suo casale, mantenesse intatte le qualità organolettiche e per questo motivo pretendeva che le sue olive non venissero a contatto con quelle di altre terre, che, secondo lui, avrebbero potuto danneggiarne la qualità.

Pignolo com'era ma tremendamente tirchio ci pensò su per molti anni prima di investire i soldi nell'acquisto di macchine agricole. E infine capì che sarebbe stata un'ottima mossa.

Comprò per primo le macchine agricole che fittava agli altri solo dopo avere finito il raccolto.

Ottimizzare i tempi! Ricordo, diceva il vecchio proprietario che monetizzava continuamente quanto quella macchina gli faceva guadagnare risparmiando sul lavoro dei braccianti, che, infingardi e rabbiosi dentro, facevano sì che il lavoro di poche ore venisse svolto in diverse giornate.
Adesso cosa vuoi che sia la pressione sul ramo causata dal dondolio ritmato dai bimbi. La corda non stringe e la gomma che la riveste mi fa persino un piacevole massaggio...”.

sabato 12 agosto 2017

A sarza da mamma

Oggi che i pomodori sono sui banchi dei supermercati come se fosse sempre estate, vale la pena fare la conserva secondo la tradizione casareccia? Non potremmo evitarci la fatica, mamma?

No! non è la stessa cosa.
Perché? Insieme ai pomodori trovi anche il basilico, le cipolle e i peperoni...
Sì ma non sono odorosi come lo sono adesso, maturati in pieno campo e baciati dal sole d'agosto. E poi ho già prenotato sei cassette di pomodori a fiaschetto. Non ci vorrà molto per preparare la salsa come piace a me. In un giorno ci togliamo il pensiero...

A sarza da mamma è gustosissima. Lei sa dosare gli aromi senza pesare nulla. Ad occhio, per esperienza, getta una manciata di basilico, dei peperoni “riggitani” e delle cipolle di Tropea nel calderone e li lascia cuocere insieme ai pomodori lavati, tagliati e svuotati dai semi.

Certo, con la temperatura già alta di suo, stare vicino al fuoco non è il massimo della goduria.

Ognuno ha assegnato un compito: c'è chi sta attento alla pentolaccia e gira il mestolo per evitare che si attacchi sul fondo il pomodoro gettato da chi li taglia. E poi, chi è addetto alla macchinetta trituratrice e chi all'incapsulamento dei tappi. E infine, chi mette le bottiglie, riempite col passato di pomodoro bollente, a riposare nella cassapanca. Niente conservanti o acidificanti. La conserva deve essere al naturale. Bollita e lasciata raffreddare lentamente. Per chi predilige farla col metodo della “febbre”. Mentre altri preferiscono fare bollire le bottiglie riempite e tappate in enormi calderoni dove rimangono fino a quando non raggiungono la temperatura ambiente.
È un lavoro impegnativo. Ma ne vale la pena! A ben pensarci Mamma ha ragione...

venerdì 11 agosto 2017

Un milanese del sud che ha fatto strada

È soddisfatto di sé l'uomo: 80 anni; magro, fisico ancora atletico parla delle sue giornate presenti e passate e non nasconde un pizzico di orgoglio nella voce squillante ma non, alta, da infastidire gli astanti.

Ho visto la pubblicità sul corsera e mi è piaciuta subito. Però prima di comprare e investire i venti milioni della liquidazione che mi ero preso appena da pochi giorni ho chiesto in giro. Ho chiamato parenti e amici che mi hanno rassicurato.

Poi, un giorno, siccome facevo la consulenza con una azienda che aveva dei lavori qui al sud, visitai il cantiere: fango, fango ovunque! E come fanno a consegnarmela per giugno? Vuoi vedere che è la solita storia? E mentre pensavo questo e mi rabbuiavo vedo in lontananza un ometto basso. Mi avvicino e gli chiedo; “sapete se … “ non finisco la frase che il piccoletto mi fa: “Uhè Fra' e tu che ci fai qua?”. Era un mio vecchio compagno di scuola che lavorava al cantiere.

Ho comprato sulla carta a Milano e mi hanno assicurato che per questa estate avrei fatto le ferie qui. E le farai! Mi rispose convinto. Vedi quel materiale accatastato? La tua casetta è là. Sono moduli abitativi prefabbricati e in un baleno si montano. Tranquillo. Avrai la tua casa nei tempi stabiliti.
Infatti, le ferie dell'81 li feci qui e da allora non mi sono spostato. Ogni anno inizio da giugno-luglio e finisco a settembre.
Qua c'è tutto quello che serve. Abbiamo il centro commerciale. La rosticceria che cucina i piatti tipici calabresi: melanzane ripiene, peperoni ripieni, polpette, arancini con la 'ndujia. E poi ci sono i campi da tennis e quelli di bocce. L'anfiteatro. E quattro ingressi sulla spiaggia coi punti doccia e le rastrelliere per lasciare le biciclette. Io arrivo in bici. La lego per evitare sorprese e vado al mio solito ombrellone. Siamo otto amici e ogni anno facciamo quadrato.
Insomma; inizio la stagione col costume, pantaloncini corti e maglietta e finisco allo stesso modo.. indosso i pantaloni lunghi e la camicia il giorno che devo prendere l'aereo per ritornare a Milano.

È soddisfatto della propria vita, dei figli, ormai grandi, che vivono in giro per l'Europa con incarichi di prestigio. Se non ho capito male sono dei manager. Gente del sud che si è fatta una posizione su al nord ma che non taglia col passato. Le radici sono conficcate saldamente nella propria terra anche se aspra.
Storie comuni. Storie di persone che hanno tentato la fortuna altrove e che sono riuscite a coronare i propri sogni durante il boom economico degli anni 60 e 70 quando il nord cercava mano d'opera qualificata e da qualificare; giovani diplomati e laureati disposti a sacrificare qualcosa pur di arrivare all'apice delle carriere. E anche se adesso è qui a raccontare con piglio spavaldo la sua ascesa sociale, il tono della voce tradisce un attimo di incertezza, subito motivata da impossibilità naturali o da scelte private, di uno dei figli ancora senza prole. Però, aggiunge, col sole negli occhi e un sorriso smagliante, quando arriva il mio piccolo Niccolò ci facciamo delle interminabili passeggiate in bici e delle partite a tennis memorabili. Ha cinque anni, il figlio di Fabio. Mio figlio. Gli ho fatto fare una racchetta su misura apposta per lui. E quando grida: “Nonno nonno” mi sento felice come non mai.
Credo che questa sia la vera gioia. Senza gli entusiasmi ingenui dei bambini la vita non ha senso! Solo questi ripagano dei sacrifici fatti.

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