giovedì 26 luglio 2012

la Calabria propositiva suggerisce

PRESENTE E FUTURO, VARIABILI DIPENDENTI DAL PASSATO.


Il presente è consequenziale alle azioni regresse di ogni singolo individuo e al contributo sociale che esso dà per l'evoluzione storica e culturale dei popoli nell'accezione ampia del termine allorché si parla di “civiltà” e appartenenza; qualità, queste, specifiche di una certa area geografica, e, nel caso in questione, della Calabria!


Bando alla retorica ed escludendo ogni tipo di piaggeria, oggi, i fatti dicono che il cammino degli ultimi decenni, improntato sull'appariscenza esteriore, è stato un percorso culturale fallimentare.

Se fossimo stati lungimiranti o avessimo ascoltato i saggi consigli elargiti gratuitamente da scrittori, poeti e artisti, probabilmente, qualche sbaglio lo avremmo evitato e avremmo consegnato ai giovani una società migliore.

La nostra indolenza, ma, forse, è più corretto chiamarla “servitù” nei confronti delle azioni catastrofiche dei cattivi governanti, ci ha indotto a insabbiare la testa come fanno gli struzzi davanti al pericolo; abbiamo scelto le vie facili del consumismo, delle risate liquide, dell'attimo di popolarità e accettato con fatidico lassismo che il peggio si avverasse. da pavidi fatalisti, abbiamo atteso gli eventi senza una benché minima reazione, una proposta. Abbiamo atteso il guru pompato dai media prezzolati dalle multinazionali che gestiscono il mercato della cultura allo stesso modo col quale i nostri vecchi attendevano inermi il verificarsi degli eventi naturali, quelli ai quali non ci si può sottrarre, ma che oggi una mente aperta può e deve prevenire per mitigare i danni.

E, a proposito di danni, ancora certa classe dirigente non ha voluto capire che se oggi, specie in Calabria, la disperazione tra la gente è grande e non fa vedere vie di sbocco, alla fine, quando non ci sarà più niente da salvare se non la propria vita, in virtù dell'autoconservazione, la suddetta dirigenza pagherà lo scotto maggiore; (o forse lo ha capito benissimo e proprio per questo usa sapientemente tutti i trucchetti del politichese fatti di promesse, ammiccamenti, accordi e pacche sulle spalle, per pilotare i consensi del popolino e mantenerlo sotto il giogo dell'ignoranza così da poter continuare indisturbata a gestire a proprio piacimento le risorse territoriali e il potere sulle persone).

Non si tratta di “populismo” o antipolitica ma di onestà intellettuale nei confronti del bene comune!

È un dato di fatto incontrovertibile che non lascia spazio a scelte non consone al territorio e alla sua gente. Scelte inerenti ad eventi culturali, artistici, musicali, letterari e quant'altro produce ricchezze dall'ingegno che possono essere realizzate da noi calabresi, se non altro per dimostrare le eccellenze nascoste o adombrate dai giochi di potere e, cosa non meno importante, per sfatare le brutte nomee che ci portiamo dietro da tempo, nelle quali la brutta stampa sguazza e crea eroi e antieroi.

mercoledì 25 luglio 2012

Calabria, Roccelletta, dopo Staccioli, Buren

Roccelletta di Borgia: l'imene di Buren sull'ovale della basilica
L'imene dada color sanguigna di Daniel Buren più che rimarginare antiche e recenti ferite subite dalle rovine situate nel parco archeologico della Roccelleta inquieta!
Simile al rito tribale dell'infibulazione, il rossastro imene di plexiglas ingabbiato col ferro; posto lì, sull'ovale della basilica, al posto della spavalda meridiana in ferro che nella edizione dello scorso anno penetrava lo spazio, è uno sberleffo. Un insulto! Non un'azione dada, visto il prezzo.

E se, per alcuni, entrambe le azioni sono attuate per “conservare” una illegittima e infondata autorità sui tempi sacri degli amori terreni, (pare che il rifacimento chirurgico di un imene costi attorno ai 4.000 euro) per le donne di una certa cultura è, ancora adesso, logico sottomettersi al rito della “conservazione intima” tant'è che sono le donne anziane della stessa famiglia a praticare il raschiamento delle labbra vaginali delle fanciulle così da tutelarne l'illibatezza fino al matrimonio.
Usanze barbare! Grideremmo noi occidentali. Pronti a scendere in piazza, gridare, scrivere parole di fuoco contro l'inciviltà a favore della tutela del tempio sacro come facevano un tempo le femministe che gridavano nelle piazze: la f... è mia e la gestisco da me!

E la terra? La storia? La Calabria, perchè non le sentiamo nostre?
Perchè lasciamo ancora che le cose accadano nel silenzio? Per paura o speranza? Paura di chi detiene il potere nella speranza che qualcuno si ricordi di noi indigeni. Noi calabresi testoni! Noi caproni che non capiamo niente. Noi che non sappiamo disinnescare i saperi confezionati da una miriade di falsi artisti poeti eroi. Noi, siamo, all'occorrenza, fiancheggiatori e fiancheggiati.
Ma c'è anche chi non ci sta! Non ci sta per amore verso una terra che non merita dirigenti simili.
Queste semplici motivazioni spingono a scrivere caparbiamente quanto osservo.
E con caparbietà continuo a scrivere contro le azioni incomprensibili di una classe dirigente attenta solo alle clientele, agli amici, ai pacchetti preconfezionati dalle lobby che governano il mercato dell'arte.

Niente di personale contro Daniel Buren che, dopo aver contestato il mercato, si è lasciato fagocitare dal sistema.

martedì 24 luglio 2012

Buren e il paraculT nell'Area Magno Greca di Borgia

PARCO ARCHEOLOGICO ROCCELLETTA DI BORGIA.

                                  Intersezioni 7. Che il Re sia nudo?






Daniel Buren, il francese che non disdegna le scenografie a strisce bianche e verdi è seduto ad una delle panchine del Parco Archeologico di Roccelletta di Borgia.
S'intuisce che è lui perché parla al telefono in francese mentre gli operai imbragati sui muri della basilica di origini bizantine dedicata a Santa Maria installano le finestre da lui ideate. Lo scintillio che produce l'elettrodo della saldatrice a contatto col ferro è quasi impercettibile nell'assolata giornata calabrese. Difficile stare con la testa all'insù e tentare di seguire i lavori quando il sole ferisce gli occhi.


Oltre la basilica, nell'anfiteatro, un muro di legno puntellato con travi e tenuto in equilibrio da una quantità enorme di sacchi pieni di sabbia (?) divide in due l'area dell'anfiteatro, pronto a contenere le superfici specchianti.

Alle mie spalle, nella spianata del foro romano, monconi cilindrici coperti con del cellofan scuro fanno pendant coi resti delle colonne magno-greche, testimoni, queste sì, della storia dei popoli che hanno contaminato il suolo calabrese.

Daniel Buren. Con le sue installazioni in legno a strisce o specchianti è approdato anche in Calabria!
Alcune risultano funzionali, specie per chi è stanco ed ha la necessità di ritemprarsi all'ombra dei secolari ulivi.

Altre installazioni necessitano di citazioni e assiomi dotte, quelle che gli “storici dell'arte” adoperano per conferire spessore alla loro alte disquisizioni, considerando che, difronte alle vetrate della Basilica, un bimbo pone interrogativi legittimi ai genitori in visita e non smette di chiedere “perché”: “perché mettono le finestre? A che servono? Sembra di essere tra le rovine a L'Aquila … la chiesa è senza tetto e con i muri rotti e ci mettono le finestre?”
Per illuminarli! Rispondono i genitori. Per dargli un'atmosfera colorata e riportarli ai fasti di un tempo... Papà ma qui è tutto un macello! Esclama il bambino per tutta risposta.

...Il Re è nudo! Lo dicono gli occhi dell'innocenza. Gli stessi che sanno emozionarsi, entusiasmarsi davanti ai giochi ingenui che sfociano nei mondi fantastici della creatività.

sabato 21 luglio 2012

Rapimenti, riScatti e affini oltre frontiera

Volontari, soldati e lavoratori a rischio laddove legge e civiltà sono componenti astratte.

Secondo quanto pubblicato dalla stampa pare che la libertà di Rossella Urru e di altri tre cooperanti sia costata 15 milioni di euro. Qualcun altro parla di due o tre milioni di €. ma alla base di tutta la vicenda, anzi le vicende delle ONG che operano nei territori a rischio c'è, oltre alla naturale questione solidale con chi soffre e i relativi aiuti da portare, da metter in preventivo quella parte di rischio ormai noto a tutti che potremmo definire “dei rapimenti a scopo di riscatto”.

La cooperazione solidale in Africa, come la presenza dei lavoratori tout court nei paesi sottosviluppati e in regimi fuori da ogni legalità, si sta tramutando in un vero affare economico per le organizzazioni malavitose e in un impegno sociale ad alto rischio per i governi dei volontari che, quando non ci lasciano le penne nelle cosiddette missioni caritatevoli ed emancipatrici a favore degli oppressi, sono costretti a soddisfare le richieste dei rapitori. Esborsi che vanno ad assommarsi alle tante tasse dei cittadini.

Volontari, lavoratori, soldati, tecnici, giornalisti rapiti per essere usati come moneta di scambio, come “cavallo di ritorno” insomma! Simile a quello, tristemente noto nel nostro paese, associato alle auto rubate, alle quali, i ladri, assegnano un valore economico che il derubato deve pagare se vuole indietro la refurtiva.

Certo! La vita umana non ha prezzo! Fa bene lo Stato a mettere in campo tutte le risorse che ha per salvaguardare la vita dei suoi cittadini, ma non dimentichiamo che ognuno di noi ha il dovere di essere oculato guardiano della propria, di vita!

Se poi, intraprende viaggi e missioni pericolose oltre alle vaccinazioni del caso e a tanta passione missionaria deve anzitutto studiare i rischi, metterne qualcuno in più in conto e se nonostante la sua avvedutezza cade nelle mani dei rapitori non dica alle telecamere, una volta libero: non vedo l'ora di ritornare laggiù!

Che diamine!, prenditi un attimo di riflessione seria.
Medita su quel vecchio saggio indiano che dice; se uno ha fame non dargli da mangiare ma fai in modo che lui sappia procacciarsi da vivere!


giovedì 19 luglio 2012

Fondazione Campanella, usi e abusi

Nel leggere la nota di Wanda Quattrone di qualche giorno addietro, in merito alla vicenda “Tommaso Campanella”, di seguito riportata, pur condividendo con lei il dramma dei lavoratori a rischio non si può prescindere da quanto venne alla luce qualche anno addietro nella puntata di Riccardo Jacona sulla malasanità e sullo sperpero dei soldi pubblici in Italia e in Calabria. Già allora si svelarono oscenità enormi interni al nascente polo oncologico. Polo oncologico che, in base ai protocolli ingarbugliati d'intesa tra pubblico, quindi regione Calabria e privato, nasceva come punta di diamante della sanità calabrese proteso alla ricerca per debellare i tumori.
Invece, l'indagine giornalistica ha evidenziato ben altro:
Ci ha fatto vedere un signore che dicono sia preparato ma forse in qualche altro settore perchè quando il giornalista gli chiese a che punto fossero le ricerche, lui, cadde dalle nuvole e farfugliò “....ma ma i topini ci sono”.

Come, non essere d'accordo con la signora Quattrone quando la definisce “storiaccia”?

È una “storiaccia” nata da un vecchio filone di politica clientelare, che fece incetta di soldi pubblici destinati a “poli d'eccellenza per la ricerca tumorale” e non per creare appendici amorfe nell'assistenza sanitaria.
Davvero la morte annunciata della “fondazione tommaso campanella” è tutta colpa dei politici? Va bene che i politici ragionano in termini di voti e tra una capra che porta venti voti sicuri contro una persona che ha studiato e conosce la materia ma senza la dote dei voti elettorali preferiscono “sistemare” la prima capra. ma. Noi, cosa abbiamo fatto per evitare che ciò accadesse?
Cosa ci ha spinto a ragionare ed elemosinare un “posto fisso”? Lo spirito di sopravvivenza? La necessità?
Motivi sacrosanti che la classe dirigente non ha saputo gestire e che oggi ci cala il pacco di una crisi senza precedenti che taglia posti di lavoro inutili e alza le tasse.
Detto ciò, per onestà intellettuale, esprimendo solidarietà ai lavoratori in agitazione, si riporta la lettera della signora Quattrone indirizzata alla politica calabrese, convinti, però, che la verità non sta mai da una parte:

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