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domenica 20 aprile 2025

La vita si fa arte

"Pulecenella. Inch. Rosso su caroncino. Arc. Iannino."

 Le origini sono importanti.

Ricordo, un mio professore che, con orgoglio, rivendicava la bellezza poetica della sua lingua d’origine: il napoletano. Era talmente innamorato della musicalità dei suoni dialettali da farlo esprimere incessantemente in napoletano.

martedì 5 giugno 2012

Ciliege per curare infezioni e costipazioni

I metodi naturali adoperati dalla nonna per farmi andare al bagno o disinfettare le vie urinarie in maniera dolce con la frutta di stagione in alcuni momenti mi hanno fatto sorridere per la semplicità, oserei dire ingenuità, di quella saggezza tramandata da madre a figlia basata sulla fiducia piuttosto che su elucubrazioni mentali complessi.

Ricordo il decotto di gambi di ciliegi, che mi propinava non appena si accorgeva dell'insorgere di infezioni alle vie urinarie. Mi sovviene adesso perché tempo di ciliege! E mentre ne mangio, ricordo ancora le sue parole: sono meglio del latte e ti fanno andare di corpo senza provocarti la diarrea.

Ma il mio piacere più grande consisteva nel mangiarle accovacciato sull'albero. Sceglievo un bel ramo robusto e piluccavo dai rami carichi che cadevano attorno a me. Uno tira l'altro! Vale anche adesso che li mangio comodamente seduto in cucina. E mentre metto da parte i gambi mi sembra di vedere mia nonna che diligentemente li metteva da parte e li essiccava per il decotto; lei diceva per me ma poi lo beveva anche lei come cura contro la ritenzione idrica. Li metteva a macerare nell'acqua per una notte e al mattino li faceva bollire per 10 minuti.
Ma quando l'infiammazione diventava cistite allora ricorreva al decotto con le foglie del pero.

lunedì 4 giugno 2012

c'era una volta in Calabria

Archeologia di un mondo che non c'è più

immagine tratta dal libro "I braccianti in Calabria" di Ledda e Veltri
"attimi di vita contadina"  foto Ledda/Veltri
"I braccianti in Calabria" 1983

Quando la terra si lavorava con la forza delle braccia e l'aratro era trainato dai buoi i contadini vivevano di stenti e di fatica. In quel tempo l'unico sostentamento proveniva dalla terra e dalle colture che il contadino riusciva a produrre. Perciò, il suo problema non era lo spread o la tassa sulla casa e neanche la macchina e i relativi giochetti strategici di Marchionne. Il contadino pregava la Divina Provvidenza, suo unico concessionario di fiducia, affinché facesse piovere nel momento giusto così da ottenere un buon raccolto e ché non si ammalassero gli armenti, l'asino, le capre, il maiale, le galline.

Il contadino si alzava al levar del sole e, bardato l'asino, si avviava a controllare il podere sulla soma del ciuco. Dava l'acqua alle colture attraverso una serie di ruscelli d'irrigazione che lui stesso scavava nel terreno e “stagghiava l'acqua” mandava l'acqua dove era necessaria, estirpava le erbacce infestanti e raccoglieva gli ortaggi e la frutta maturata dal sole.

L'acqua del fiume o della sorgente era di tutti e le regole di buon vicinato, affinché nessuno rimanesse senza, imponevano la turnazione programmata per le innaffiature dei poderi.
Ovviamente i terreni limitrofi ai pozzi d'acqua, alle fiumare o con sorgenti proprie erano le più ricche e ambite.

Gli utensili del mondo rurale erano pochi ma necessari: zappe, vanghe, tridenti, rastrelli, “chjiantaturi” punteruoli autoprodotti con dei rami e servivano per piantare le giovani piantine. Cesti, panieri e cannicci per raccogliere e contenere i frutti o essiccarli al sole.
E poi c'erano i cocci per mangiare o contenere le provviste in salamoia, sotto sale o ricoperti con la sugna di maiale che in dialetto calabrese si chiamano: salàturi, 'nsàlatera, pìgnata, vòzza.
La brocca, (a vòzza) è un recipiente di terracotta che un tempo conteneva l'acqua o il vino oggi è un souvenir.  

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