Possiamo parlare di lotta di classe?
Nell’era di internet, (che sembra avere indotto a dimenticare
persino il ricordo del lavoro manuale nei campi e nelle officine) può sembrare
anacronistico pensare di rileggere uno di quei vecchi libri stampati con l’inchiostro
ed ancora più impensabile sarebbe ripercorrerne la composizione tipografica
fino alla rilegatura finale. Oggi i pensiero filosofico antico o moderno corre
da un capo all’altro del mondo in un batter d’ali. E non solo!
Anche la speculazione dialettica, economica, politica, industriale è altrettanto veloce. E nel guazzabuglio di internet si trova di tutto, dalle verità immacolate alle verità fasulle e partigiane.
Le novità dei linguaggi e della velocità con la quale si
propagano, possibili grazie ai fantascientifici mezzi a disposizione di
chiunque ha un accesso in rete, sembrano offuscare i concetti cari a un certo
pensiero che traeva le sue origini nell’umanesimo. Alcuni esempi?
La dittatura dell’economia imposta dall’alta finanza che antepone i benefici derivanti dai profitti economici alla vita. Quindi lo spettro dello spread; i profitti degli azionisti; lo sfruttamento dei nuovi schiavi legalizzato dalla delocalizzazione delle aziende nei luoghi di povertà assoluta; lo sfruttamento abnorme dell’ambiente
Le ultime novità circa il caso ILVA lasciano trapelare un giro d’affari inquietante che testimonia quanto accennato.
Al vaglio degli inquirenti troviamo anche il nome di Marco
Gerardo, parroco del Carmine che al tempo dei fatti al vaglio della
magistratura era segretario particolare dell’arcivescovo di Taranto, monsignor
Benigno Papa, accusato di aver dichiarato il falso al pm circa una donazione di
10mila euro che l’ILVA avrebbe donato all’arcivescovo attraverso l’ex consulente
Girolamo Archinà.
Secondo i pm, i soldi sarebbero andati a Lorenzo Liberti, docente universitario ed ex perito della Procura, incaricato di stendere una perizia sulla congruità ambientale degli impianti ILVA.
Ma torniamo all’interrogativo iniziale. Nella lotta di
classe la sinistra italiana ha speso molto, persino i simboli dei mestieri
manuali per eccellenza aveva preso in prestito e inserito nel logo del partito
dei lavoratori: la falce e il martello! Che
ora sembrano desueti nonostante continuino ad esistere operai, contadini,
minatori, piccoli impiegati e imprenditori che gonfiano la sacca della nuova
povertà causata, appunto, dalla lotte di classe ma non nel senso alto del
termine, bensì con l’abbattimento strategico della visione elitaria della
classe dominante che include politica e affari; false democrazie che innalzano
sui pali delle cuccagne ambigue primarie di gruppi di potere arroccati sulle
macerie ideologiche dei quali ancora qualcuno si nutre.