sabato 19 dicembre 2009

ponte sullo stretto di Messina a chi serve?


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L’ennesimo intervento strutturale, voluto fortemente dal governo italiano, si trasforma in scontro sociale.
La destra politica appoggia il progetto del governo che include nella finanziaria lo stanziamento di 460 milioni di euro per l'avvio dei lavori il prossimo 23 dicembre, negando, di fatto, quanto il portavoce del governo aveva detto negli anni della polemica progettuale, vale a dire: l’intera opera è finanziata esclusivamente dai privati e non dallo stato.

Della costruzione del ponte sullo stretto di Messina se ne parla da sempre, specie in Sicilia.

A ben pensarci, l’opera in sé potrebbe anche essere una cosa bella dal punto di vista architettonico e, perché no, diventare un’attrazione mondiale da immolare sull'altare dei traguardi scientifici e tecnici al pari della torre Eiffel, in Francia, o del ponte di Brooklyn che unisce Manhattan a New York e chissà, magari, anche noi faremo una gomma da masticare nostrana al sapore di bergamotto che aiuta a mandare giù saliva e parole inascoltate, salvo ripensarci nei momenti drammatici e sciorinare inutili mea culpa negli istanti in cui la natura perde la pazienza e non sopporta le continue angherie dell’uomo e della sua ingordigia.

D'altronde non è una novità: la zona in questione è altamente sismica!, ecco perché ci s’interroga, da semplici cittadini utenti, a chi serve realmente un’opera faraonica quanto inutile economicamente.

L’economia reale del paese Italia ma anche Siciliana e Calabrese non richiedono opere faraoniche, esistono già perenni cantieri impegnati a rattoppare l’autostrada del sole, risanare territori martoriati dall’incuria dell’uomo e dalla forza livellatrice della natura.

È storia: la zona in questione è altamente sismica e i terremoti del 1908 lo testimoniano.

Il Terremoto di Messina e Reggio del 1908, avvenne alle 5 e 21 del mattino e durò per ben 37 secondi con una magnitudo di 7,1 della scala Richter, i danni furono immensi e la maggior parte dei quartieri di entrambe le città crollarono. L’evento sismico del 28 dicembre del 1908 è considerato uno degli eventi catastrofici più dolorosi del XX secolo.

I morti furono più di 100.000 e non solo a causa del terremoto ma anche dalle onde marine che risucchiarono la popolazione spaventata dalla forte scossa che si riversò sulle spiagge e lì arrivò un maremoto, uno tsunami ancora più spaventoso della scossa.

Nonostante i pareri contrari dei geologi, degli economisti e dei cittadini contrari o dubbiosi, ancora si ha l’ardire di perseverare nel portare avanti il progetto e si stimano: 4.732 milioni di Euro per la realizzazione totale dell’opera così suddivisi, 3.410 per il corpo del ponte e 1.322 per i raccordi stradali e ferroviari.
Un’ultima curiosità: dove sarà trasportato e scaricato il materiale di risulta degli scavi e quanto impiegherà l’ecosistema a ricreare gli anticorpi necessari a ristabilire la vita nei siti devastati dall’assurda volontà di chi detiene il potere decisionale?

Bamboccioni, sindrome di Peter Pan idillio sociale o scaltri arrampicatori



È bello ritornare bambini. Interrogarsi per ogni cosa e stupirsi. Giocare con le parole, con i gesti e con i segni.
Creare uno spazio fantastico dove rifugiarsi, così da poter ritrovare l’incanto idilliaco o semplicemente la fiducia infantile che esorta a non vedere il male negli altri; un luogo schermato, che lascia fuori dal perimetro magico il frastuono mediatico dei cattivi ciarlatani.

Purtroppo, sembra che ogni concetto, azione o cosa, sia irrimediabilmente subordinato agli affari o all’arricchimento personale; all’esasperazione dell’io.

Sembra che nulla e nessuno riesca a modificare i cattivi fenomeni sociali incancrenitisi nel tessuto collettivo inculcati dall’azione corruttiva dei personaggi insigniti persino dalle alte cariche dello Stato con titoli onorifici quali cavalieri del lavoro o peggio senatori a vita.

Arrampicatori sociali scaturiti dal nulla assurgono agli onori della cronaca. Faccendieri che, arricchitisi con denaro pubblico o di dubbia provenienza, quando sottoposti a giudizio, si avvalgono della facoltà di non parlare o, peggio, vestono panni di vittime innocenti raggirate dai cattivi.

Il travestimento crea breccie nei cuori limpidi; i malfattori trovano sempre dei sostenitori ingenui che tifano e incitano alla reazione, salvo, costatare, alla luce dei fatti indagati scrupolosamente, furbesche quanto fameliche strategie  cresciute all’ombra del perbenismo di facciata che incanta e fa proseliti.

La sindrome di Peter Pan non determina malessere comune: crea sgomento generato dalla corruzione e dal disfacimento dei valori democratici, entrambi consequenziali all’atto ideologico urlato dai finti buonisti che vomitano sugli altri rancori e delazioni.

Basta sovvertire i valori!
Dalla classe dirigente ci si aspetta trasparenza e esempio etico nonché rispetto per le minoranze e per quanti non hanno voce come sancito dalla Carta Costituzionale.
Insomma:
È opportuno riappropriarsi del libero arbitrio; valutare pacatamente i suggerimenti o gli indirizzi ideologici, politici o commerciali dei leader, ma anche delle agenzie pubblicitarie che inventano placebo per guadagnare ricchezze sulle tensioni emotive di determinati nuclei sociali. Considerare serenamente se sia etico per una coppia, che non ha la grazia di vedere i frutti prolifici dell’amore, adottare un bambolotto, un animale o un bambino sfortunato. Quanti amano, veramente, intuiscono nell’immediatezza la strada giusta da seguire.

giovedì 17 dicembre 2009

La cultura è un farmaco di automedicazione, da banco!


Tempo e materia nei sud del mondo.


Il tempo è l’ordine di misura che concorre a comprendere il fare dell’uomo in ogni suo aspetto teorico e pratico.
Quasi tutti gli artisti hanno a che fare col tempo. Il lavorio del tempo è sotto gli occhi di tutti ma non tutti osservano la materia, il colore, la vegetazione, l’aria: la vita!
Per l’artista, l’atto creativo è la conseguenza logica di molteplici riflessioni suggerite dal vissuto; riflessioni, che rivisitate dalla propria sensibilità, trasformano in riverberi poetici quanto la natura ha offerto ai sensi.
L’osservazione riflessiva sedimenta esperienze. Strati di conoscenza, accatastati nel subconscio, aspettano la scintilla creativa, il gesto liberatorio che, se pur semplice, induce a ulteriori analisi o suggerisce probabili soluzioni.
L’arte informale, liberata dalla figurazione pittorica, gioca con le paste, gli oggetti d’uso comune, i segni; ma, all’occorrenza si riappropria dei simboli della figurazione; rivisita le immagini pubblicitarie, le inserisce in contesti narrativi assurdi, ironici, a volte violenti. La violenza creativa è catartica. Non distrugge lessici consacrati per il gusto di annientare concetti contrari alla personale visione di una qualsiasi corrente artistica. No! Non è questo il proposito di chi fa arte, semmai è il venditore di “bolle” che proietta rutilanti parole per guadagnare visibilità o denaro. Chi fa arte lo sa bene!

L’operatore culturale non è un bohemien romanzesco, è un uomo che vive la contemporaneità del suo tempo appieno. Partecipe del cammino comune, l'artista propone, attraverso il suo fare, concetti semplici, rappresentazioni mentali dimenticate, soffocate dall'egoismo umano cresciuto a dismisura secondo i canoni consumistici correnti.
Idee e concetti ambigui, sovvertiti dalla bramosia economica, sono da ritenersi anche le operazioni “culturali fini a se stesse”, vale a dire quelle rappresentazioni stanche, composte di collezioni private che mischiano lavori di vecchi mostri sacri che, senza mai proporre coraggiosamente un valido artista locale al resto del mondo, allestiscono enormi macchine mediatiche per sublimare l'evento.

Così facendo, attraverso la riproposizione di minestre riscaldate, passate alla storia e quindi conosciute e divulgate in tutte le salse, gli organizzatori di grandi eventi culturali diseducano le masse ancorandole a concetti vecchi. È inutile riempirsi la bocca di numeri e visite pilotate.

La cultura è un farmaco di automedicazione, da banco, e non è necessaria la prescrizione del medico di turno legato a un qualsiasi collegio elitario.
La classe dirigente che ama davvero i conterranei ha il coraggio di cercare e valorizzare le intelligenze locali non supportate dai nomi altisonanti del mondo della cultura; non guarda ai larghi consensi immediati e va alla ricerca di quanti spendono sane energie per migliorare la Calabria.


martedì 15 dicembre 2009

Aggressione a Berlusconi: esasperazione sociale


 Insostenibile leggerezza dell'esser ... buoni

A essere cattivi si guadagna!


È indegno!, in una democrazia evoluta, qualsiasi atto violento verbale o corporeo.

Inneggiare o disprezzare movimenti, uomini politici, territori geografici, squadre di calcio e quant'altro può determinare fazioni rissose è un danno reale alla crescita intellettiva e morale della collettività.

Ancora più deleterio è cavalcare gli eventi; far sì che il gesto inconsulto di un cittadino affetto da problemi psichici diventi materia di scontro rabbioso tra parti sociali. Parlare di detenzione carceraria piuttosto che di cure mediche; pensare a inasprire le pene, rasentare regimi carcerari indegni alla natura delle esigenze umane è contrario ai principi fondamentali dei diritti civili.
E ancora:
Volere a tutti i costi un mandante; teorizzarne la trama oscura di ipotetici nemici piuttosto che fare un’accurata analisi e chiedersi come mai si è giunti a tensioni sociali simili; chi sono stati i fautori teorici e pratici degli stati d’animo.

Insomma, chiedersi come recuperare al dialogo costruttivo dirigenti politici, istituzioni e cittadini per migliorare lo stato sociale di quanti vivono in Italia.

Al di là delle simpatie politiche o personali che i leader trasmettono, è inammissibile quanto accaduto a Milano; la visione del volto tumefatto, lo zigomo e la bocca macchiati di sangue, lo sguardo esterrefatto del presidente Berlusconi e quello assente dell’aggressore hanno fatto il giro del mondo in pochissimo tempo, grazie alla tecnologia dei nuovi media.

In rete si è diffusa immediatamente anche la reazione al gesto inconsulto: molti si sono indignati; qualcuno ha fatto battute inopportune e altri hanno cavalcato l’onda emotiva per recuperare terreno politico secondo il gioco delle parti. È vero, alcune notizie dovrebbero essere ponderate, sia dai mass media tradizionali sia dai navigatori della rete, ma ciò non deve essere lo spunto per facili censure o leggi costrittive della libertà d’opinione.

domenica 13 dicembre 2009

ha da passà a nuttata: buon 2010 a tutti


Che cosa sta succedendo in Italia?

Da un bel po’ di tempo il caos regna sovrano: i giornalai schierati pubblicano, assediano i talk show televisivi, riempiono di falsità gli spazi messi a loro disposizione dalle lobby e urlano contro chiunque la pensi difformemente dai loro padroni. La faziosità diventa virtù. Virtù che accresce certezze e ricchezze personali e lascia fuori dai diritti civili i deboli.
Le manifestazioni di dissenso civile non sono ritenute probabili ricchezze culturali con le quali confrontarsi ma diventano immediate guerre di numeri; statistiche e sondaggi surrogano la realtà quotidiana; la statistica dei polli fa sì che tutti abbiano la pancia piena e poco importa se i polli li abbia mangiati una persona sola mentre gli altri muoiono di fame. L’arroganza ignorante è al potere. Non tutela i deboli; li soggioga! Lo stato di salute democratico dei mezzi di comunicazione di massa rasenta le affezioni dei sistemi totalitari: chi non si schiera o tenta libere analisi che possono mettere in dubbio determinati teoremi è ritenuto nemico dei reggenti. Tutto ciò è deprimente!
E allora è lecito chiedersi:
1. Che fine hanno fatto gli insegnamenti dei Padri Costituzionalisti?
2. Come mai sono calpestati gl’insegnamenti evangelici istituzionali, considerando che la maggioranza dice di essere attenta verso il “popolo” che li vuole al governo del paese per risolvere i problemi sociali del lavoro, della giustizia e la tutela della famiglia?
3. Dove sono gli uomini delle Istituzioni, quelli che hanno giurato solennemente sulla Bandiera di non anteporre le questioni personali alle esigenze della Repubblica?
Senza ombra di dubbio, alcune questioni inerenti agli assetti parlamentari e giuridici sono da rivedere perché non in linea con i tempi storici ma ciò non giustifica le esternazioni infantili e violente di certi personaggi che ricoprono alte cariche dello Stato e rappresentano indistintamente tutti gli Italiani.
Che ben venga la revisione delle Camere e la relativa diminuzione dei parlamentari attraverso l’elezione democratica degli aventi diritto.
Che ben venga una legge garantista per una maggiore tutela degli indagati e il relativo reinserimento sociale, specie se giovani, ragazzi e ragazze emarginati secondo i dettami della solidarietà reale che sviluppano empatia a prescindere dalla nazionalità, dal colore della pelle, dal credo politico e religioso.
Che ben venga un nuovo anno permeato d’amore.

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