lunedì 11 novembre 2019

Le scarpe nuove

Sì, devo rivedere alcune abitudini. Anche perché non siamo più negli anni 60 quando le madri raccomandavano di tenere cura ai vestiti e alle scarpe della festa.
Una volta le madri e anche la mia quando indossavo le scarpe nuove e uscivo per incontrare gli amici mi gridava dietro: “…mi raccomando non giocare a pallone! Queste sono le scarpe della domenica!!!”.
Sì, non c’era molto da cambiare e scambiare. Il vestito buono e le scarpe lucide s’indossavano esclusivamente la domenica per andare a messa o a trovare i nonni e nelle feste raccomandate. Per gli esami e poche altre grandi occasioni dov’era necessario fare una buona impressione. “Vestiti zuccuna ca pari baruna” era una frase che si sentiva spesso allorché facevamo resistenza perché le scarpe vecchie erano più comode e ci sentivamo a nostro agio con i jeans.
E guai se c’era qualche strappo o qualche toppa! Sia mai! Dicevano con sdegno le buone madri di famiglia, quando ci passavano in rassegna. Peggio che in caserma! Scrima diritta; piega perfetta; colletto bianco; scarpe lucide e ben annodate; unghie corte e pulite…

È anche vero, però, che un tempo le scarpe ed i vestiti erano fatti per durare. Quindi materiale di prima qualità: pellame ben conciato per le scarpe e tessuti d’origine naturale quali la lana e il cotone per cucire dal sarto i vestiti delle grandi occasioni. Infatti duravano per molto tempo e passavano in dote dal fratello grande al piccolo.
Adesso tra il consumismo sfrenato e la qualità che scarseggia, piccole e grandi marche e la distribuzione hanno escogitato e coniato un altro modo per tenere vivo l’interesse massivo dei potenziali acquirenti così da fare girare i soldi nel commercio della roba d’uso quotidiano: “la resilienza programmata”!

Ma torniamo al concetto principale. Cioè al fatto di riconsiderare l’utilizzo delle scarpe “buone” e dei vestiti eleganti:

Avevo comprato delle belle scarpe. Un paio di scarpe comode nonostante fossero nuove. Ottimo! Mi dissi. Le terrò da parte per le occasioni importanti.
Infatti le usai pochissimo. E l’ultima volta che le indossai le suole si sbriciolarono: disintegrate peggio delle buste di plastiche che si sciolgono nel giro di poco tempo.

mercoledì 6 novembre 2019

Taranto: famelici bisogni

Taranto: morire di lavoro o per lavoro.


Novemila lavoratori più gli occupati nell’indotto che ruota attorno all’unica acciaieria italiana rimasta a simboleggiare gli anni della ripresa economica e industriale del mezzogiorno d’ Italia.
L’ex Ilva è stata fonte di guadagno per gli imprenditori che si sono susseguiti nella gestione degli affari che, stando alla storia dei tumori causati dagli scarichi industriali degli altiforni siderurgici, hanno avuto a cuore più la produzione che la salute pubblica e la tutela ambientale.

Gli studi condotti e divulgati dicono che i tumori si sono moltiplicati nell’area tarantina. Veleni nell’aria e nei terreni sono stati la causa di morti e malformazioni fetali di persone e animali in gestazione. Ma queste sono notizie risapute! Nonostante ciò continua il balletto. Da una parte l’esigenza del lavoro e dall’altra la tutela della salute pubblica.

Morire per il lavoro o lavorare per vivere una vita dignitosa?

Secondo alcuni che hanno il chiodo fisso e l’occhio attenti ai guadagni economici le vite di uomini e natura sono niente, semplici e insignificanti numeri percentuali intercambiabili e rinnovabili vista la disoccupazione e le prese di posizione degli opportunisti che si lanciano come avvoltoi sulle prede in difficoltà.
Teste vuote che prima di aprire bocca non collegano il cervello.

Ma è così difficile salvaguardare lavoro e ambiente in funzione di corrette prassi sociali e considerarli beni inalienabili per chiunque?
Invece assistiamo a tristi balletti politici e a ricatti. Cordate di industriali che cercano il massimo profitto col minimo dispendio. Politici farseschi che sanno parlare alla pancia delle persone in difficoltà sfruttando il momento e le paure dell’ignoto.

È giunto il momenti di mostrare serietà e volontà d’intenti. Recuperare gli sfiduciati. E fare politiche serie per garantire il presente degli operai e impiegati dell’area ex ilva di Taranto e lasciare che i giovani possano sperare nei sogni di un futuro migliore.

domenica 3 novembre 2019

Calabria, finalmente

E poi c’è chi pensa di essere nel giusto! E stravolge la normale prassi democratica imponendo il proprio volere e la visione del mondo calpestando le intelligenze altrui.
Ed io che pensavo ad una sinistra vicina agli ultimi. A quel filone di pensiero che si faceva carico delle aspettative delle masse proletarie. Ai bisogni quotidiani e impellenti. Alla voglia di conoscenza. Allo studio. Insomma alle classi meno agiate. Agli operai e prima ancora ai contadini. Alla manovalanza che credeva nell'azione riformatrice dl pensiero socialista, marxista un po’ meno ma comunque buono per le frange “estremiste”. Alcune delle quali hanno trovato agganci filosofici nel pensiero marxista e teorizzato l’emancipazione proletaria con e nella violenza.
Violenza armata o coercizione sociale mediante l’assedio del potere democratico poco importa. È in ogni caso abuso e violenza sull’altrui persona. Ed a volte è molto più dannoso l’abuso in “buona fede”, per la collettività che non riesce a recepire i messaggi del sistema verticistico, che l’assalto violento.

In questi anni di regime Oliverio, il “riformista scomodo” come lo definisce qualcuno a lui vicino, la Calabria non è cambiata neanche di una parte infinitesimale nei suoi congeniti bisogni e i “sudditi” sono stati ostaggi della bagarre politica intrecciata dalla presuntuosa arroganza del potere che ha visto in Oliverio l’attore principe.

Affrontare l’imminente campagna per le regionali con questi presupposti e con l’amaro in bocca dei calabresi delusi è difficile per la sinistra e per chi ha in testa simpatie per le idee note e care ai filoni di pensiero che mettono al centro l’emancipazione della collettività. Quel pensiero per cui hanno lottato con convinzione i partigiani per sconfiggere regimi totalitari e abolire leggi razziste.
Pensieri di uguaglianza! Pensieri e azioni mirati all’emancipazione sociale. Pensieri d’accoglienza e solidarietà per i deboli. Pensieri d’amore universale che non ammettono autocelebrazioni di ipotetici capi dai piedi di argilla.


sabato 2 novembre 2019

Catanzaro, viale Isonzo


torrente fiumarella, viale isonzo

reportage fotografico:













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