Considerato che siamo educati fin dalla nascita alla blanda idea di un capitalismo non ossessivo ma moderatamente rampante che lo rende quasi ideologicamente sano, fin da piccoli siamo indotti a dare forma ai desideri altrui e nostri. Rampanti esploratori partiamo alla conquista del mondo intenzionati a produrre e accumulare ricchezze materiali .
Nei desideri culliamo tra gli altri quello di raggiungere uno status di benessere economico e agiatezza, che non guasta mai. Insomma siamo propensi, per educazione, ad un rampantismo cittadino, lindo e pulito con cravatta su camicia bianca, lontano mille miglia dal concetto di economia circolare solidale. Un concetto caro a quanti pensano ad uno stile di vita meno rissoso cadenzato dal ciclo delle stagioni produttive che dovrebbe prendere forma nei campi coltivati etnicamente. Chiedo:
E' possibile attuare una produzione virtuosa oppure è utopia allo stato puro pensare e parlare di una economia solidale in un mondo che sta dando il peggio di sé?
Se volgiamo lo sguardo intorno a noi, ascoltiamo e leggiamo di guerre fratricide sparse ovunque. E anche nelle terre definite democratiche non mancano i focherelli d'odio, le liti depistanti, le accuse strategiche.
Nelle ultime ore si sono inasprite le tensioni nella striscia di Gaza tra i popoli palestinese e israeliano. Notizie sconcertanti riportano all'attenzione dell'opinione pubblica fatti impensabili. Episodi di guerriglia non contro aree militari ma assalti e sequestri di civili usati come scudo umano: attacchi armati studiati da tempo hanno provocato terrore e morti nella striscia di Gaza.
L'attacco ha fatto vittime di altre nazionalità. Ragazzi che si trovavano negli stessi posti a festeggiare insieme. Nella zona del rave party del kibbutz Reim (presso il confine con Gaza) sono stati trovati 260 cadaveri.
È, quella tra Israele e Palestina, una guerra vecchia quanto il mondo. Ognuno rivendica supremazie territoriali suffragate da conflitti storici mai chiariti. Un po' come la guerra tra Russia e Ucraina che si protrae ormai da più di un anno.
Non si fa pace con i missili! La violenza chiama altra violenza!
Alcuni decisioni si prendono a prescindere dai bisogni reali dei popoli per i quali l'eroe di turno dice di lottare.
I despota lottano per tutelare i propri personalissimi interessi che son fatti di numerosi zeri nei conti depositati nei cavò delle banche ubicate in luoghi sicuri lontane dai conflitti.
I popoli, cioè noi, vogliamo una vita tranquilla, possibilmente al caldo d'inverno e al fresco d'estate senza l'assillo della gestione giornaliera del pranzo, di come pagare le bollette e come sopperire al lavoro che manca.
Tentiamo lotte ideologiche impari perché pacifiste. Proponiamo analisi pensando a come rendere la vita migliore a dispetto del maleficio che attanaglia, purtroppo, anche i nostri confini.
Prendiamo atto del malessere sociale e andiamo avanti.
Per sommi capi nell’economia circolare il modello di produzione e consumo delle risorse implica atteggiamenti sociali oscurati dal pensiero corrente. Un pensiero diseducato perché basato sul consumo veloce di beni materiali e immateriali, diseducato, appunto, per lo più dalle grandi industrie, al mordi e fuggi e all'usa e getta. E nel gioco assurdo delle parti persino le intimità vissute sono messe in vendita, esposte sulle piattaforme web e social media con l'intenzione di guadagnare attraverso gli effimeri effetti correlati ai like dei seguaci.
Condivisione, prestito, riutilizzo e riparazione etica degli oggetti che accompagnano la quotidianità e rendono confortevoli le nostre vite in sintonia col nostro essere interiore sono usi e costumi, forse, d'altri tempi. Tempi remoti in cui ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti nel proprio vissuto era un verbo imperativo necessario per la sopravvivenza delle comunità che, appunto, dava un valore aggiunto e tendeva a fare durare nel tempo i beni.
La resilienza programmata è un concetto moderno. È una fine vita programmata del manufatto industriale voluta dal produttore del bene effimero.
Le macchine, non più intese come bene duraturo da inserire nelle volontà testamentarie , hanno delle aspettative di vita mutevoli e imprescindibili dalle manutenzioni calendarizzate a prevenirne l'invecchiamento.
La “resilienza programmata” ha una scadenza! nonostante la meticolosa manutenzione strumentale e artigianale che gli utenti sono tenuti ad osservare, i moderni manufatti industriali sono resi obsoleti dalla scienza e dalle tecniche costruttive a favore del mercato. Si consumano! Al pari di una batteria tarata per un tot di tempo limitato. Differentemente dai primi motori a scoppio e altri prodotti tecnologici usati nell'agricoltura che ancora oggi eseguono il compito per il quale sono stati progettati e costruiti. Macchine che, anche se ritenuti residuati archeologici, grazie agli interventi manutentivi eseguiti con passione, consentono di essere tramandati ai posteri, essere testimoni del tempo e della storia.
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