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lunedì 9 ottobre 2023

La bellezza salverà il mondo

Considerato che siamo educati fin dalla nascita alla blanda idea di un capitalismo non ossessivo ma moderatamente rampante che lo rende quasi ideologicamente sano, fin da piccoli siamo indotti a dare forma ai desideri altrui e nostri. Rampanti esploratori partiamo alla conquista del mondo intenzionati a produrre e accumulare ricchezze materiali .

Nei desideri culliamo tra gli altri quello di raggiungere uno status di benessere economico e agiatezza, che non guasta mai. Insomma siamo propensi, per educazione, ad un rampantismo cittadino, lindo e pulito con cravatta su camicia bianca, lontano mille miglia dal concetto di economia circolare solidale. Un concetto caro a quanti pensano ad uno stile di vita meno rissoso cadenzato dal ciclo delle stagioni produttive che dovrebbe prendere forma nei campi coltivati etnicamente. Chiedo:

 E' possibile attuare una produzione virtuosa oppure è utopia allo stato puro pensare e parlare di una economia solidale in un mondo che sta dando il peggio di sé?

Se volgiamo lo sguardo intorno a noi, ascoltiamo e leggiamo di guerre fratricide sparse ovunque. E anche nelle terre definite democratiche non mancano i focherelli d'odio, le liti depistanti, le accuse strategiche.

Nelle ultime ore si sono inasprite le tensioni nella striscia di Gaza tra i popoli palestinese e israeliano. Notizie sconcertanti riportano all'attenzione dell'opinione pubblica fatti impensabili. Episodi di guerriglia non contro aree militari ma assalti e sequestri di civili usati come scudo umano: attacchi armati studiati da tempo hanno provocato terrore e morti nella striscia di Gaza.

L'attacco ha fatto vittime di altre nazionalità. Ragazzi che si trovavano negli stessi posti a festeggiare insieme. Nella zona del rave party del kibbutz Reim (presso il confine con Gaza) sono stati trovati 260 cadaveri.

È, quella tra Israele e Palestina, una guerra vecchia quanto il mondo. Ognuno rivendica supremazie territoriali suffragate da conflitti storici mai chiariti. Un po' come la guerra tra Russia e Ucraina che si protrae ormai da più di un anno.

Non si fa pace con i missili! La violenza chiama altra violenza!

Alcuni decisioni si prendono a prescindere dai bisogni reali dei popoli per i quali l'eroe di turno dice di lottare.

I despota lottano per tutelare i propri personalissimi interessi che son fatti di numerosi zeri nei conti depositati nei cavò delle banche ubicate in luoghi sicuri lontane dai conflitti.

I popoli, cioè noi, vogliamo una vita tranquilla, possibilmente al caldo d'inverno e al fresco d'estate senza l'assillo della gestione giornaliera del pranzo, di come pagare le bollette e come sopperire al lavoro che manca.


Tentiamo lotte ideologiche impari perché pacifiste. Proponiamo analisi pensando a come rendere la vita migliore a dispetto del maleficio che attanaglia, purtroppo, anche i nostri confini.

Prendiamo atto del malessere sociale e andiamo avanti.

Per sommi capi nell’economia circolare il modello di produzione e consumo delle risorse implica atteggiamenti sociali oscurati dal pensiero corrente. Un pensiero diseducato perché basato sul consumo veloce di beni materiali e immateriali, diseducato, appunto, per lo più dalle grandi industrie, al mordi e fuggi e all'usa e getta. E nel gioco assurdo delle parti persino le intimità vissute sono messe in vendita, esposte sulle piattaforme web e social media con l'intenzione di guadagnare attraverso gli effimeri effetti correlati ai like dei seguaci.

Condivisione, prestito, riutilizzo e riparazione etica degli oggetti che accompagnano la quotidianità e rendono confortevoli le nostre vite in sintonia col nostro essere interiore sono usi e costumi, forse, d'altri tempi. Tempi remoti in cui ricondizionamento e riciclo dei materiali e prodotti esistenti nel proprio vissuto era un verbo imperativo necessario per la sopravvivenza delle comunità che, appunto, dava un valore aggiunto e tendeva a fare durare nel tempo i beni.

La resilienza programmata è un concetto moderno. È una fine vita programmata del manufatto industriale voluta dal produttore del bene effimero.

Le macchine, non più intese come bene duraturo da inserire nelle volontà testamentarie , hanno delle aspettative di vita mutevoli e imprescindibili dalle manutenzioni calendarizzate a prevenirne l'invecchiamento.

La “resilienza programmata” ha una scadenza! nonostante la meticolosa manutenzione strumentale e artigianale che gli utenti sono tenuti ad osservare, i moderni manufatti industriali sono resi obsoleti dalla scienza e dalle tecniche costruttive a favore del mercato. Si consumano! Al pari di una batteria tarata per un tot di tempo limitato. Differentemente dai primi motori a scoppio e altri prodotti tecnologici usati nell'agricoltura che ancora oggi eseguono il compito per il quale sono stati progettati e costruiti. Macchine che, anche se ritenuti residuati archeologici, grazie agli interventi manutentivi eseguiti con passione, consentono di essere tramandati ai posteri, essere testimoni del tempo e della storia.




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