Vi sono altri punti di riferimento
chiari come la chiesa, il macellaio e persino il mio vecchio studio
eppure la prima cosa che è venuta alla mente è la casa di Quirino.
Un appartamento in cooperativa edilizia costruita in economia popolare a tasso
agevolato ed a società indivisa.
È uno di quei palazzoni sorti agli inizi degli anni ottanta a sud di Catanzaro in una zona di campagna: un terreno argilloso coltivato a ulivi e ortaggi, destinato, dal piano regolatore cittadino, a zona di edilizia popolare.
È uno di quei palazzoni sorti agli inizi degli anni ottanta a sud di Catanzaro in una zona di campagna: un terreno argilloso coltivato a ulivi e ortaggi, destinato, dal piano regolatore cittadino, a zona di edilizia popolare.
Il nuovo quartiere avrebbe dovuto
essere la Catanzaro due, nome preso in prestito da qualche politico
di allora dalla più conosciuta zona del nord: la Milano due di
Berlusconi.
Le cooperative erano costituite per lo
più dai vari organismi legati alle realtà consociative sindacali e
politiche, nonché da privati cittadini che inseguivano il sogno
della casa di proprietà a prezzi accessibili.
Fu qui che scoprì il lato privato del
“compagno” Quirino. Prima, un sindacalista conosciuto in cgil,
dirigente stimato e in seguito un politico indipendente di sinistra
eletto nelle fila del pci per la politica regionale della Calabria.
Quirino Ledda è stato un punto
di riferimento per molti, nel sindacato e in politica. La sua onestà
intellettuale mantiene in vita ricordi indelebili che non sto a
elencare. Preferisco proteggerli nella sfera privata e mantenerli
vividi insieme agli affetti cari che accompagnano i giorni.
Qualcuno, però, lo condivido per
onorarne la memoria e il lavoro da lui svolto.
È di quegli anni l'attentato alla sua
famiglia. Qualcuno fece esplodere una bomba davanti alla sua porta di
casa dove dormivano, insieme a lui, la moglie Amelia e i due figli
Luigi e Giuseppe.
Il palchetto improvvisato davanti la
sua cooperativa era occupato da Quirino, Amelia e dai dirigenti
politici locali. Nei nostri occhi si leggeva l'incredulità, la
rabbia e il timore per l'azione subita dalla famiglia Ledda e dalle
possibili implicazione future.
Erano anni colmi di passione politica.
L'impegno primario e le energie di quanti erano ufficialmente a
sinistra e dei simpatizzanti indipendenti, come me, rivolte a
sollevare dagli affanni le classi sociali deboli: dai lavoratori ai
disoccupati agli studenti, ai figli delle classi operaie: ai
proletari aperti alla società intera ed ai problemi sociali e civili
da cambiare in meglio.
C'era, ricordo, una sana competizione
rafforzata dalla solidarietà tra gli abitanti del nuovo quartiere. E
le feste dell'Unità vedevano e si fregiavano dell'adesione di tutti.
La mia cooperativa era conosciuta come
“il cremlino” per l'ampia adesione riscontrata tra i soci e gli
incarichi di partito deferiti alle persone che vi abitavano.
Sono trascorsi 37 anni dal nostro
insediamento e oltre 40 dalla costituzione della cooperativa cassa
edile. Molti non ci sono più ma il loro impegno politico e sociale
rimane vivo.
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