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giovedì 5 gennaio 2017

Davanti casa di Quirino

Davanti casa di Quirino.



Vi sono altri punti di riferimento chiari come la chiesa, il macellaio e persino il mio vecchio studio eppure la prima cosa che è venuta alla mente è la casa di Quirino. Un appartamento in cooperativa edilizia costruita in economia popolare a tasso agevolato ed a società indivisa.
È uno di quei palazzoni sorti agli inizi degli anni ottanta a sud di Catanzaro in una zona di campagna: un terreno argilloso coltivato a ulivi e ortaggi, destinato, dal piano regolatore cittadino, a zona di edilizia popolare.

Il nuovo quartiere avrebbe dovuto essere la Catanzaro due, nome preso in prestito da qualche politico di allora dalla più conosciuta zona del nord: la Milano due di Berlusconi.

Le cooperative erano costituite per lo più dai vari organismi legati alle realtà consociative sindacali e politiche, nonché da privati cittadini che inseguivano il sogno della casa di proprietà a prezzi accessibili.

Fu qui che scoprì il lato privato del “compagno” Quirino. Prima, un sindacalista conosciuto in cgil, dirigente stimato e in seguito un politico indipendente di sinistra eletto nelle fila del pci per la politica regionale della Calabria.


Quirino Ledda è stato un punto di riferimento per molti, nel sindacato e in politica. La sua onestà intellettuale mantiene in vita ricordi indelebili che non sto a elencare. Preferisco proteggerli nella sfera privata e mantenerli vividi insieme agli affetti cari che accompagnano i giorni.

Qualcuno, però, lo condivido per onorarne la memoria e il lavoro da lui svolto.

È di quegli anni l'attentato alla sua famiglia. Qualcuno fece esplodere una bomba davanti alla sua porta di casa dove dormivano, insieme a lui, la moglie Amelia e i due figli Luigi e Giuseppe.

Il palchetto improvvisato davanti la sua cooperativa era occupato da Quirino, Amelia e dai dirigenti politici locali. Nei nostri occhi si leggeva l'incredulità, la rabbia e il timore per l'azione subita dalla famiglia Ledda e dalle possibili implicazione future.

Erano anni colmi di passione politica. L'impegno primario e le energie di quanti erano ufficialmente a sinistra e dei simpatizzanti indipendenti, come me, rivolte a sollevare dagli affanni le classi sociali deboli: dai lavoratori ai disoccupati agli studenti, ai figli delle classi operaie: ai proletari aperti alla società intera ed ai problemi sociali e civili da cambiare in meglio.

C'era, ricordo, una sana competizione rafforzata dalla solidarietà tra gli abitanti del nuovo quartiere. E le feste dell'Unità vedevano e si fregiavano dell'adesione di tutti.

La mia cooperativa era conosciuta come “il cremlino” per l'ampia adesione riscontrata tra i soci e gli incarichi di partito deferiti alle persone che vi abitavano.

Sono trascorsi 37 anni dal nostro insediamento e oltre 40 dalla costituzione della cooperativa cassa edile. Molti non ci sono più ma il loro impegno politico e sociale rimane vivo.

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