martedì 27 agosto 2013

Oltre l'estetica delle umane visioni

Macchia, in attesa

AI CANI NON SFUGGE NULLA!

Gli animali sentono! Avvertono cose che a noi umani, abituati o educati alle apparenze, sfuggono.

Per distrazione o superficialità, spesso, guardiamo senza osservare ciò che accade davanti a noi.

Sovente ci lasciamo catturare dall'esteriorità.

Nel campo dell'arte, per esempio, c'è ancora chi fa confusione tra le alchimie della figurazione melensa e la ricerca linguistica di forme/pensiero arcaiche proiettate nel contemporaneo; ritenendo la prima buona e la seconda il frutto di uno scherzo.

Ma non è di questo che voglio parlare. Né tanto meno perorare cause a favore di certo modo di esprimersi in arte. Personalmente, ritengo valida qualsiasi espressione! E di ciò parleremo in altri momenti.

Non intendo parlare neanche dei rapporti interpersonali e del ruolo preminente dell'aspetto fisico, giacché irrilevante nel mondo canino.

Veniamo ai fatti:

Macchia e Vasco
Vasco si è fermato e a nulla valgono le mie esortazioni. Gonfia il pelo sul dorso e ringhia minaccioso. Anche il molosso nero della villa affianco si fa sentire.
In fondo alla strada prende forma la figura di un ragazzo: torso nudo, maglietta gettata sulla spalla, jeans calati sotto il livello della mutanda: è lui “il nemico”!

Faccio fatica a tenere Vasco mentre il ragazzo chiede: “posso passare?”. Certo, passa pure, ma perché i cani ti abbaiano contro? Il ragazzo passa oltre senza dare risposta. Vasco, come al solito, quando mi sente dialogare con le persone si calma, gli do una pacca sul sedere e gli dico: dai monello andiamo a casa, lui mi guarda con occhi che sorridono, scodinzola e mi precede verso casa.

domenica 25 agosto 2013

Voglio guardare il mondo con occhi di cane


Anche stamattina Macchia avverte il nostro arrivo. Leggera e veloce copre la distanza che ci separa, infila la testolina tra il muretto e l'inferriata della villa, poi caccia fuori anche una zampa, esile com'è sembra essere in equilibrio precario, e aspetta.

Vasco, baldanzoso, le si avvicina. Fermo come una statua, acconsente che lei lo lecchi sul muso. I bacini non durano più di qualche nano secondo, poi, quasi un po' sulle sue, così, tanto per darsi un tono, assume la posizione del dominante, gira attorno al muro di cinta della villa e marca il perimetro.

Macchia è una cagnetta di taglia piccola dal carattere giocoso; bianca con quattro macchie nere grandi distribuite armoniosamente sul corpo e sulla testa. Dolce, talmente socievole che quando dico a Vasco: “su dai torniamo a casa”, emette dei guaiti impercettibili che tradotti avranno senz'altro questo senso: “perché non restate ancora un pochino?”. Ma i cani sono ubbidienti e pazienti. Capiscono quando è il momento di smettere.
Smette di seguirci e prende posizione dal solito spazio. Uno spazio talmente piccolo nel quale Vasco e altri cani di taglia grande riescono ad infilare appena il muso ma per lei è sufficientemente largo da poter osservare il mondo esterno e tessere relazioni.

giovedì 22 agosto 2013

Calabria, sulle tracce dei padri

"l'isola" Tropea
Quando si immette nel mercato degli affari un prodotto targato cultura il risultato può essere rischioso, di sicuro incerto.
Le crisi economiche e la sete di guadagni intaccano le coscienze, le minano e, quindi, piuttosto che pensare al profitto intellettuale dello spirito e alla ricaduta in termini di crescita interiore per tutti, le menti pragmatiche valutano il risultato economico immediato. Come biasimarle!

Non è un mistero, d'altronde, il giro di denaro pubblico e privato investito in sagre, mostre, riscoperte di numi storici consacrati nell'olimpo dell'arte, ma, raramente, purtroppo, per divulgare il lavoro dei nostri artisti contemporanei.

In Calabria le garanzie e le occasioni per spendersi e incentivare i progetti culturali non mancano! Esse sono parte integrante del territorio.
Le radici sono forti. E la cultura è tutt'uno, anzi conservata e protetta nel territorio e nel mare solcato da Greci, Spagnoli, Turchi.
Un territorio tormentato da fenomeni sismici e da invasioni storicizzate.
Quanto oggi appare non è altro che il risultato delle secolari vicende naturali e umane sopportate dall'antica terra dei Bretti.

E se da un lato i terremoti, gli alluvioni hanno spianato o inghiottito montagne e civiltà, dall'altro il vento incessante ha affinato le residue strutture architettoniche edificate nei secoli dagli invasori e rimaste in piedi.
Fantasmi architettonici di duemila anni e oltre narrano del passaggio di popoli, quindi, culture e civiltà che hanno insediato colonie e invaso il territorio calabrese dalle coste all'entroterra.

Da costa a costa, dal mar Jonio al Tirreno è tutto un pullulare di “ricordi storici”, alcuni scoperti e altri in paziente attesa dormono nelle acque e nelle campagne o, peggio, lasciate all'incuria.

Non sempre, purtroppo, siamo stati attenti costruttori di storia; accorti ricercatori del passaggio degli avi e conservatori di civiltà.

Gli anni tra il 1950 e 1970 sono stati i peggiori. I borghi contadini, abbandonati dalle popolazioni abbagliate da miraggio industriale, subirono un significativo calo demografico.
L'effetto migratorio da sud a nord spopolò interi paesi.

E, poi il ritorno dei nuovi migranti, con negli occhi l'opulenza di schemi abitativi più consoni allo status raggiunto, diede il colpo di grazia a tradizioni e cultura.
Orde pronte a investire in frenetiche costruzioni hanno contaminato e eroso territori ubertosi, coste suggestive e siti archeologici.

In quegli anni, impreparati a gestire una improvvisa ricchezza materiale, i silenzi assensi e le concessioni fecero scempio del passato.

Ma, da qualche anno, la cultura della memoria pare abbia fatto breccia e tentato di recuperare il passato attraverso mostre, divulgazioni di archeologie umane e territoriali, quali mestieri, percorsi, siti; alcuni sostengono che sia per curiosità o orgoglio d'appartenenza. Personalmente mi piace e voglio pensare che sia il frutto di una sorta di sincero amore per la natura unica e selvaggia della Calabria, la storia dei singoli, l'antidoto al consumismo, alla nevrosi che induce al possesso, all'accumulo di beni, spesso sono sottratti alla collettività.

Perché, è risaputo, la memoria, nell'evocare sentimenti d'appartenenza ad un territorio e alla sua storia rende migliori.

Anche se si tratta di un lavorio discontinuo e faticoso, a volte persino impercettibile, non solo in Calabria ma in tutta Italia, il viaggio intrapreso, se pur lento, lascia lezioni indelebili specie nelle giovani menti che, con spensierata allegria, si gettano fiduciosi nella ricerca delle proprie origini. Assaporano e godono di antiche nenie; canzoni folk accompagnate dal suono della lira calabrese, delle zampogne e delle ciaramelle. Le tarantelle sembrano rivivere gli antichi fasti delle feste patronali e degli avvenimenti familiari importanti come le promesse di matrimonio, le nascite e i battesimi.


Ufo sul golfo, misteri sul Mar Jonio



Agustu è capu e viernu. (Agosto anticipa l'inverno) Così dicevano i vecchi dell'entroterra calabrese ai primi di agosto. In effetti da qualche giorno la temperatura si è abbassata.

Stamane il cielo è incerto. Il sole si nasconde dietro nuvole plumbee. A fatica i raggi rosati penetrano i cirri carichi di pioggia.
È l'alba. L'alba sullo jonio è uno spettacolo imperdibile! Sempre nuovo. E ciò che di bello pensi di avere visto il giorno precedente, pur guardando dalla stessa angolazione, è superato, dimenticato. Offuscato da nuovi incredibili visioni.

Sorseggio un caffè mentre osservo l'orizzonte. Una palla bianca si riflette nel mare. Il cielo è coperto da nuvole scure ma non minacciose.
Poggio la tazzina sul tavolo e d'istinto cerco la funzione “fotografia” sul telefonino. Una foto tira l'altra. Le scarico sul pc e … meraviglia!

Una palla si materializza nel cielo sotto il sole rossastro nelle prime due immagini. Dapprima è bianca; poi rossa come il fuoco … UFO?

Ma no! Sarà un effetto ottico. Un'illusione causata dalla combinazione della luce che si riflette sull'obiettivo … e se invece l'obiettivo ha colto ciò che l'occhio umano non riesce a percepire?  

martedì 20 agosto 2013

Pasquino Crupi, un Calabrese Scomodo

Mario Iannino 2013, "cartoline dalla Calabria"
Meridionalista. Così è definito chi spende le proprie energie per rivendicare diritti cancellati o calpestati per favorire altre realtà economiche, politiche e culturali.
Non si tratta di una strenua difesa del territorio d'origine imputabile, come spesso si sente dire da qualche personaggio che fa della spocchia la sua fortuna, di amore viscerale verso le proprie origini.

I meridionalisti calabresi, conosciuti e non dai conterranei, vivono le contraddizioni politiche che si riflettono sulla società e li scandagliano. Suffragano le ricerche con studi scientifici e le condiscono con analisi liberali per renderle libere da preconcetti e faziosità.

Insomma, annullano le realtà dei se e dei ma e polverizzano le colonne granitiche dell'ignoranza con dati di fatto inoppugnabili.

Pasquino Crupi è uno di questi! Studioso. Meridionalista convinto. Ha dato il suo apporto alla causa meridionalista con lo strumento a lui più affine: la scrittura.

Una scrittura suffragata, ripeto dalla storia. Non la storia ufficiale che si studia a scuola ma quella tessuta coi nomi dei molti calabresi volutamente ignorati dal sistema.

La letteratura Calabrese raccontata ai calabresi all'estero”, un libro di 272 pagine pubblicato nel 1999 per la Biblioteca Università per Stranieri “Dante Alighieri” e curato da Gisella Murgia ne è la testimonianza.

Nella sua introduzione, il prof. Pasquino Crupi, che della “Dante Alighieri” è stato prorettore, scrive:

Perché raccontare la Letteratura Calabrese ai nostri emigranti, nonni, padri o figli che siano?
La risposta sta nella condizione attuale dell'emigrazione calabrese, che è riuscita a mutare il suo disagio sociale nei paesi d'immigrazione, ma non è riuscita a cambiare su di essa il giudizio dei governanti e dei governati. I calabresi non sono accettati ma decisamente rifiutati. Sono intesi ancora come portatori di forza-lavoro provenienti da un territorio privo di cultura, barbaro e primitivo.”

il prof. Crupi si è spento ieri ma il suo pensiero rimane ad illuminare quanti, calabresi e non, vogliono camminare sul solco scavato da Lui e dagli eminenti intellettuali citati nei suoi scritti: Barlaam da Seminara, Leonzio Pilato, Bernardino Telesio, Tommaso Campanella, Pirro Schettini, Carlo D'Aquino, Gian Vincenzo Gravina, Vincenzo Padula … e gli altri a venire.

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