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Ritorno al passato. Dopo l’ubriacante sistema del mercato globale, gli acquisti on-line e i relativi passaggi doganali della merce più disparata ch’è possibile trovare e acquistare in internet pare sia giunto il momento di ritornare con i piedi per terra e magari ripristinare il concetto altamente sociale dell’economia circolare rurale.
Ti alzi, indossi il tuo miglior sorriso e vai, incontro al nuovo giorno. Qualcuno prepara la moka, ancora insonnolito, si lascia sfuggire uno sbadiglio mentre ravana capelli e qualcos’altro.
“ Quandu vitta a serpa chjiamau a santu Pavulu”. Quando vide il serpente invocò san Paolo. È una forma verbale popolare antica che sta a significare la vacuità del pensiero umano difronte ai pericoli nonostante le spocchiosità mentali degli individui. Il vecchio detto nasce dalla presunzione di certuni nei confronti dei riti sciamanici adottati dai contadini o presenti nelle civiltà arcaiche. Riti propiziatori officiati prima della semina, per un raccolto abbondante o, come in questo caso, “esorcismi” battesimali celebrati a favore dei soggetti inermi per ingraziarsi le forze insidiose attive e in agguato, visibili e invisibili.
Il rito del pane nella famiglia calabrese. Il forno a legna era ubicato in soffitta e affianco c’ere la bocca enorme del camino. La casa era strutturata a mo’ di torre. Gli ambienti, disposti in verticale, richiedevano una manutenzione abbastanza faticosa. Come si può intuire il trasporto della legna fino in soffitta non era uno scherzo anche se il nonno, uomo ingegnoso e creativo, si era costruito una carrucola con una vecchia ruota di trebbiatrice. Aveva conficcato un gancio robusto nella trave della capriata e la grossa corda penzolava giù nella botola fino a terra, nel seminterrato dove era ricoverata la mula e, ovviamente, si depositava la legna. Fare il pane era una cerimonia dal profumo avvolgente. La nonna, mamma e mia sorella iniziavano a preparare l’ambiente e le vettovaglie necessarie dalla sera. Subito dopo cena, sistemata la cucina e messo a letto i piccoli, le donne di casa posizionavano la madia su dei trespoli bassi quanto bastava per impastare la farina...
Chi siamo
Abbiamo aperto questo blog nell’aprile del 2009 con il desiderio di creare una piazza virtuale: uno spazio libero, apolitico, ma profondamente attento ai fermenti sociali, alla cultura, agli artisti e ai cittadini qualunque che vivono la Calabria.
Tracciamo itinerari per riscoprire luoghi conosciuti, forse dimenticati.
Lo facciamo senza cattiveria, ma con determinazione. E a volte con un pizzico di indignazione, quando ci troviamo di fronte a fenomeni deleteri montati con cinismo da chi insozza la società con le proprie azioni.
Chi siamo nella vita reale non conta. È irrilevante.
Ciò che conta è la passione, l’amore, la sincerità con cui dedichiamo il nostro tempo a parlare ai cuori di chi passa da questo spazio virtuale.
Non cerchiamo visibilità, ma connessione. Non inseguiamo titoli, ma emozioni condivise.
Come quel piccolo battello di carta con una piuma per vela, poggiato su una tastiera: fragile, ma deciso. Simbolo di un viaggio fatto di parole, idee e bellezza.
Questo blog è nato per associare le positività esistenti in Calabria al resto del mondo, analizzarne pacatamente le criticità, e contribuire a sfatare quel luogo comune che lega la nostra terra alla ‘ndrangheta e al malaffare.
Ci auguriamo che questo spazio diventi un appuntamento fisso, atteso. Come il caffè del mattino, come il tramonto che consola.
Benvenuti e buon vento a quanti navigano ogni singola goccia di bellezza che alimenta serenamente l’oceano della vita. Qui si costruiscono ponti d’amore.