venerdì 17 settembre 2010

Sgarbi, Cattelan e l'effimero

courtesy arch. M.Iannino
Il Führer in ginocchio fa più paura di quando stava ritto a comandare stermini e predicare l’apologia della razza ariana.

Ci siamo lasciati sopraffare dall’effimero urlato. Il frastuono mediatico avvolge città e menti. Le sensazionalità pacchiane modaiole inglobano cinema, televisione, letteratura, arte visiva e quant’altro attiene ai linguaggi dell’uomo.
Non importa se certe operazioni culturali rasentino il kitsch, o lo siano davvero, l’importante è solleticare le curiosità, far parlare quanta più gente possibile, interessare i mass media e divulgare l’evento.
Si confonde il cattivo gusto con la spontaneità primitiva, assimilabile al fare gio(i)©oso dei bambini non contaminati dai saperi dogmatici.

S’investe in studi e progettazioni della comunicazione, e fin qui nulla di strano, ma non sull’etica dell’arte.
Si assoldano paparazzi e giornalisti per dare eco ad eventi altrimenti sottaciuti mentre si nascondono verità d’interesse generale.

Persino la biennale di Venezia ha bisogno di uno “scandalo”, di qualcosa d’inusuale.
Insomma, si deve catturare l’attenzione pubblica, quindi, anche, persone non addette ai lavori, sollecitando curiosaore12ità morbose piuttosto che invitare artisti che hanno fatto e continuano a fare ricerche linguistiche nel campo della visione.

Va bene uno Sgarbi, che, oltre alla conclamata cultura acquisita, sa fare chiasso, urlare e inveire, cavalcare gli eventi, purché i proiettori siano puntati sull’industria dell’arte del 2011.
E vale bene un divieto d'affissione per catalizzare le attenzioni su un'importante esposizione d'arte contemporanea. Ma, da vecchio romantico, auspico, non un chiasso effimero, bensì attenzione duratura nei confronti dei linguaggi dell’anima, da parte degli addetti ai lavori e dei mass media.

Concludo, quindi, con i più sinceri auguri di buon lavoro a Maurizio Cattelan e Vittorio Sgarbi.





polimaterici, 2009, m.i., "rosso" e, in alto, "nei sud"

giovedì 16 settembre 2010

garimberti vs crozza: turpiloquio o satira, l'opinione di un utente rai

Caro signor Garimberti, in merito alla sua osservazione su Crozza e le "parolacce" che hanno condito la satira introduttiva di Ballarò e che l’avrebbero scandalizzata, come utente rai la voglio tranquillizzare: non mi ha offeso né turbato il modo spumeggiante di Crozza, anzi gli eufemismi, inseriti come rafforzativi, legavano ed evidenziavano passaggi e concetti.
Offende, invece, la mia sensibilità di cittadino, la gestione impropria delle notizie, la parziale divulgazione o l'elisione completa di fatti collegati a personaggi pubblici che gestiscono e governano direttamente o indirettamente le risorse dello Stato.
Questo, sì, diventa silente turpiloquio pur non menzionando parti o concetti sessuali riproduttivi, che gonfia le menti d’incertezze e fa partorire idiozie.
Questo svilisce l’immagine del servizio pubblico e degli italiani.

la provocazione culturale di Cattelan a Milano

aore12
Maurizio Cattelan è un artista che provoca nell’immediatezza una reazione, e chiunque si trovi davanti a un suo lavoro reagisce in conformità alla propria esperienza e cultura.

È sufficiente fare una veloce carrellata dei suoi lavori per rendersi conto di come lui ama giocare.
Gioca con l’imprevisto. Con il non senso. L’irrealtà.

S’intravede quasi un leggero piacere nello scompigliare i luoghi comuni. Sovverte ruoli e immagini con estrema facilità, capovolge poliziotti e li fa stare a testa in giù, impacchetta un grasso signore (Massimo de Carlo, suo gallerista) e lo fissa alla parete con lo scotch, impicca bambini agli alberi, appende cavalli al soffitto o gli conficca la testa nel muro, e come non ricordare la statua di cera con le gambe spezzate di papa Karol Wojtyla.
Drammatica nella sua ir/realtà. Concreta nel sommare sofferenze fisiche e mentali del genere umano che gravano sul pastore d’anime.
E c’è anche un Hitler in ginocchio con le mani giunte, nell’atto della contrizione, che, forse, chiede scusa all’umanità per gli efferati delitti commessi.

Ognuno legge e interpreta il messaggio a modo suo. E non si capisce se a mettere scompiglio e paura siano le somiglianze dei cloni, più veri e drammatici degli originali, oppure perché non si vuole vedere oltre il proprio naso perché si vogliono tenere sopiti i pensieri che toccano la sfera della sensibilità storica, individuale e collettiva.

È vero, l’artista provoca! Ma la sua provocazione deve essere letta in maniera propositiva. È un incentivo al dialogo; all’analisi, per guardare e andare oltre i fatti conosciuti, esorcizzarli. Prendere coscienza di quello ch’è stato per valutarne implicazioni presenti e future. Non è nascondendo la testa nella sabbia che si allontana o annulla il pericolo. Quello c’è. È sempre presente. Sta agli uomini circoscriverlo e tenerlo lontano con lungimirante intelligenza.

Per concludere, è anacronistico pensare di censurare dei manifesti con su un Adolf Hitler rivisitato dalla mente dell’artista. Non è annullando la pubblicità sui muri di milano della mostra di Maurizio Cattelan che si estingue il delitto contro l’umanità.
Il passo indietro del Comune, che aveva già sospeso l'affissione dei manifesti incriminati, è stato rafforzato dalla reazione della comunità ebraica che ha ritenuto la visione di Hitler capeggiare su Milano " un messaggio inopportuno", per bocca di Roberto Jarach. Una provocazione troppo forte. Che avrebbe "urtato la sensibilità nostra e di molti", ha aggiunto, e che avrebbe "prevalso sul messaggio sarcastico del pentimento di Hitler".

C'è da chiedersi: se questo messaggio è forte, visto che l'amministrazione comunale milanese destinerà gli incassi dell'esposizione alla costruzione del Memoriale della Shoah, cosa conterrà in futuro il Memoriale?

nati sotto una cattiva stella: sfigati

Nati sotto una cattiva stella: sfigati.

“Questo è un periodo favorevole per il segno della vergine: soldi, sesso e divertimenti, dicono gli astri per voi, amici, nati sotto il segno della vergine, ma, attenzione, solo per i nati nella prima decade e con ascendente acquario…”

E ti pareva! Sono davvero sfigato! Se fossi nato nei primi dieci giorni adesso non starei a pensare dove prelevare i soldi per cambiare la macchina e fare benzina. Non mi dovrei neanche preoccupare per la gnocca. Verrebbe da sola. Attirata dal mio magnetismo astrale… E se i rom fossero tutti nati in questo periodo astrale non sarebbero espulsi dagli stati xenofobi e avrebbero tanti soldi. Va bèh, i soldi, quelli ce l’anno, rubano, mendicano e non pagano le tasse e per il sesso, guarda che famiglie numerose. No ai rom non manca niente per essere felici, eccetto che non hanno una patria e sono respinti da tutti. Su per giù come i profughi che arrivano dal mare sulle coste italiane. Noi li respingiamo e i libici sparano sulle imbarcazioni sospette.

Va beh vuol dire che questo è il destino di quelli che non sono nati nella prima decade della vergine. Pazienza, sarà per la prossima volta!
Vuol dire che non inveirò contro nessuno e mi prenoto, … sì ma con riserva, perché senz’altro quando sarà il mio turno, le stelle diranno un’altra cosa. A quel punto,
rom, profughi, senzatetto, senza lavoro, bisognosi, quelli che sono nelle mie stesse condizioni staranno sotto un’unica semplice lapidaria bandiera: quella degli sfigati diseredati uniti!

mercoledì 15 settembre 2010

Vittime della crisi sociale

Può la depressione spingere al suicidio?

Sapere che qualcuno si è suicidato, dopo avere conseguito con successo un importante traguardo come può esserlo una laurea in filosofia della conoscenza e della comunicazione, per giunta con 110 e lode, è destabilizzante. E, diventa ancora più deprimente, per familiari e conoscenti, apprendere che è dipeso da una ipotesi d'insuccesso. Al di là delle correnti di pensiero inerenti la sacralità della vita, la missione, gl’intenti, i sogni infranti, è assurdo pensare di giustificare la determinazione con cui il depresso o disilluso tessa il piano suicida. Non ci sono scusanti, né masturbazioni mentali che possano giustificare un simile gesto.
Umanamente, tutta la solidarietà e l’affetto vanno ai genitori, ai fratelli di chi ha commesso un delitto crudele, oserei dire vile, che non è risolutivo; non annulla i problemi ma li accentua aggiungendone altri.
L’auto annullamento fisico è la tragedia di un attimo per chi la compie, ma che dura tutta la vita in chi la subisce.
A nulla valgono le belle frasi come quelle lasciate dal giovane suicida di Palermo in un quaderno prima di suicidarsi:

«La libertà di pensare e anche la libertà di morire. Mi attende una nuova scoperta anche se non potrò commentarla.» Il giovane, pare fosse afflitto da depressione per l’incertezza del suo futuro lavorativo. A sostenerlo è il padre del ragazzo che si è lanciato da un terrazzo della Facoltà di Lettere di Palermo.

Pur comprendendo il dramma, sembra strumentale l’esternazione del genitore riportata da alcuni organi d'informazione che commenta così i tentativi d’inserimento fatti dal figlio all’interno del mondo accademico:

«Il suo gesto lo considero un omicidio di Stato. Era molto depresso per il suo futuro. Si era laureato in filosofia della conoscenza e della comunicazione, con 110 e lode. A dicembre si sarebbe concluso il dottorato di ricerca della durata di tre anni svolto senza alcuna borsa di studio. I docenti ai quali si era rivolto gli avevano detto che non avrebbe avuto futuro nell'ateneo. E io sono certo che saranno favoriti i soliti raccomandati».

E aggiunge che, per guadagnare 25 euro al giorno, oltre a tudiare, faceva anche il bagnino.
Allora? Perché non ha saputo reggere i colpi, scontrarsi, incazzarsi e reagire con forza agli ostacoli eretti nella quotidianità dalla vita allo stesso modo dei precari, in piazza, per contestare i provvedimenti della Gelmini?
Una quotidianità che non esime nessuno dalle incombenze e dalle sfide, alle quali tutti noi siamo chiamati a rispondere momento per momento.

Non c’è una risposta alle domande. Domande, forse, ritenute blasfeme, in questo preciso momento, ma corre l’obbligo esternarle per riflettere insieme sui mali comuni, sulle difficoltà dei giovani, sulle disfunzioni etiche, su certi meccanismi che annichiliscono i più deboli così da trovarne l’antidoto.

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