Vi sono altri punti di riferimento
chiari come la chiesa, il macellaio e persino il mio vecchio studio
eppure la prima cosa che è venuta alla mente è la casa di Quirino.
Un appartamento in cooperativa edilizia costruita in economia popolare a tasso
agevolato ed a società indivisa.
È uno di quei palazzoni sorti agli inizi degli anni ottanta a sud di Catanzaro in una zona di campagna: un terreno argilloso coltivato a ulivi e ortaggi, destinato, dal piano regolatore cittadino, a zona di edilizia popolare.
È uno di quei palazzoni sorti agli inizi degli anni ottanta a sud di Catanzaro in una zona di campagna: un terreno argilloso coltivato a ulivi e ortaggi, destinato, dal piano regolatore cittadino, a zona di edilizia popolare.
Il nuovo quartiere avrebbe dovuto
essere la Catanzaro due, nome preso in prestito da qualche politico
di allora dalla più conosciuta zona del nord: la Milano due di
Berlusconi.
Le cooperative erano costituite per lo
più dai vari organismi legati alle realtà consociative sindacali e
politiche, nonché da privati cittadini che inseguivano il sogno
della casa di proprietà a prezzi accessibili.
Fu qui che scoprì il lato privato del
“compagno” Quirino. Prima, un sindacalista conosciuto in cgil,
dirigente stimato e in seguito un politico indipendente di sinistra
eletto nelle fila del pci per la politica regionale della Calabria.