Quando si dice la storia.
Il ricordo e lo studio della civiltà e
quindi la cultura determinata dai saperi predominanti generano mostri
o persone salvifiche.
Dipende da come s'intende indirizzare
il “libero arbitrio”.
Alcuni passaggi sono inevitabili. Nelle
scuole come nella vita, buoni e cattivi maestri affiancano e guidano
tratti importanti delle giovani menti ansiose di apprendere e
impossessarsi delle cose terrene ma anche quelle più squisitamente
“astratte” come potrebbero sembrare la filosofia e il libero
pensiero non necessariamente ancorato a dottrine o elucubrazioni che
si avvalgono della “scienza” dei maestri à penser antichi e
moderni.
Il cammino dell'umanità è costellato
di storie e pensieri divenuti dottrine.
Alcune dottrine sono assurte a scienza,
manipolate, si direbbe geneticamente, per adescare adepti bisognosi
di essere branco, altre sono rimaste inalterate nel tempo e fungono
da fari collettivi per il pensiero positivo svincolato dalla materia.
Marx, Hegel, Bakunin ma anche scrittori
definiti meno “impegnati”, più leggeri per quanto attiene ai
concetti altisonanti del pensiero, che hanno segnato i tempi con
scritti pregni di umanità; tensioni emotive molto terrene e che in
alcune narrazioni sembra quasi di sentirne l'odore, il pathos delle
anime e dei luoghi narrate nelle pagine vergini d'inchiostro.
No! non vuole essere un rimpianto o un
elogio nostalgico a quanto è scritto e testimoniato negli annali.
L'analisi nasce dalla considerazione
ultima che sta avvenendo nella società globale contemporanea.
Una realtà che impone dazi e prebende
alla cultura dell'attesa creativa. Segna e sottomette il piacere
dell'attesa in quanto tale.
Quel piacere fatto di sfumature
infinite, da attese disattese, costellato dal dubbio. Sorretto dalla
empatia che rende possibile ogni finale di cronaca.
Empatia possibilista che giustifica o
accetta se pur criticamente anche i festeggiamenti impropri di
vittorie plausibili agli occhi dei più.
La storia degli uomini è scritta
dagli uomini per gli uomini!
E ciò che vale in
un dato momento storico può essere deleterio in un altro momento.
L'eroe o
l'antieroe sono personaggi che ancora oggi stentano a lasciare il
passo alla non belligeranza. A piegarsi laicamente al pensiero
disarmante ma vincente della logica non violenta; dell'accoglienza
inclusiva, dell'ascolto e del superamento “insieme”, con l'altro
di tutto ciò che angoscia.
Gesù, Maometto,
Mao, Gandhi, Barabba, e persino Giuda il traditore, hanno un filo
conduttore comune che li unisce concettualmente secondo una visione
laica del loro essere stati attori principali se pur in diversi
momenti storici dai nostri: amano l'amore terreno ma lasciano
intravvedere nelle loro debolezze spiragli del divino attraverso
pensieri e azioni che sembrano immutabili.
Il pensiero dominante in politica è,
invece, in continua evoluzione.
Gli schieramenti,
non più partiti nel senso storico del termine in quanto non si
rifanno al pensiero socialista o marxisita, leninista o maoista, o a
quello cristiano-democratico che ha visto una formazione legata ai
principi della chiesa sorto nel '42 in cui ha militato e fatto la
storia De Gasperi, Andreotti, Moro, e neanche al partito
repubblicano di La Malfa o di altri partigiani provenienti dal
partito d'azione. Non ci sono più, in sintesi, antifascisti o
fascisti, sinistra o destra come conosciuti fin ora. E tramandati
dalla storia.
Oggi sorgono
movimenti spontanei.
Le sardine, ultimi
in ordine di tempo, sembrano essere persone di tutte le età che
scendono in piazza per arginare l'avanzata dei barbari del pensiero
positivo.
Sardine che
nuotano insieme ognuno col proprio bagaglio culturale accomunate
dalla volontà di non soccombere alle urla cattive e ignoranti.
Dicono basta alla
globalizzazione e all'amplificazione delle paure. Si schierano contro
gli stupidi e servili venditori di gadget, dicono no alla cattiva
politica che fa notizia e invade i social.
Tentano, e in
Emilia Romagna ci sono riusciti, a scardinare demagogie, egoismi
e merda mediatica postata con selfie e arroganti frasi disgreganti,
suscitando, col loro sorriso disarmante, reazioni contrari che non
demonizzano ma includono e propongono solidarietà e coesione.
Sbaglio?
Perché in
Calabria non è stato possibile percorrere una strada simile?
L'analisi la lascio a chi, per esperienza o cultura e, si fregia del
titolo di “intellettuale”, è classe dirigente.