Pudore. Riservatezza. Umiltà!
Sono concetti penalizzanti nelle piazze
mediatiche dei social.
Nelle piazza virtuali si fa
auto promozione. Si cercano consensi immediati.
E chi rema controcorrente all'infuori
dei canoni precostituiti dalle piattaforme telematiche è isolato e
ignorato dal branco ( nel senso buono) e posto ai margini.
I post servono per vendere bene la
propria merce. Che sia un prodotto commerciale o culturale non fa
differenza. L'importante è che sia ben esposta. Magari vendendo
fumo.
Non contano le vere intenzioni del
singolo che si affaccia e offre il proprio sentire. L'etica. La
cultura. L'empatia lungimirante e inclusiva. La serietà cognitiva.
La conoscenza acquisita con determinazione perché ritenuta un valore
aggiunto all'essere presente nella società.
No! si deve sapere vendere. Avere una
buona dose di paraculagine nel vantarsi facendo finta di arrossire.
Facendo finta di lavorare per il prossimo. Strumentalizzando i fatti
del momento.
La socialità È appagante?.
La consapevolezza di rendere pubblica
la mercanzia enfatizzata in proprio e con l'aiuto dei seguaci, amici
reali o virtuali che frequentano assiduamente i forum è sempre
meglio che, come si diceva un tempo per onorare le buone maniere,
fare del bene o lavorare con serietà senza vantarsi e prescindendo
dall'eco fuorviate della piazza per avere compiuto buone azioni nel
silenzio, paga e appaga di più.
Non si può essere invisibili!
Oggi, nell'era del web, se non stai su
una qualche piattaforma sociale non esisti.
Non esiste il tuo lavoro. Non esiste il tuo pensiero. Il tuo modo di vedere il mondo e rispondere alle storture sociali è irrilevante.
Non esiste il tuo lavoro. Non esiste il tuo pensiero. Il tuo modo di vedere il mondo e rispondere alle storture sociali è irrilevante.
Fino a quando la morbosità
dell'apparire condizionerà la vera essenza della vita?
Fino a quale punto siamo ancora
disposti a metterci nella vetrina ossequiosa, servile, condizionante
dei media senza imporre distingui netti tra l'essere e l'avere?
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