Da qualche giorno si sente parlare del
Mali e della guerra interna che coinvolge il mondo occidentale
civilizzato. Si parla di guerre di religione e come al solito di
frange estremiste che vogliono imporre anche con la violenza la
religione dei padri. Ma sarebbe più giusto ricordare che su una
popolazione di quasi 1.300.000 il 90% è musulmana, il 5% cristiana e
l'altro 5% animisti e credenze tradizionali.
Il Mali, Stato dell'Africa occidentale, è una Repubblica, la lingua ufficiale è il francese ma si parla anche l'arabo e le lingue camitiche dei berberi. Conosciuto anche come Sudan francese in quanto colonia dell'Africa occidentale della Francia quando era di moda colonizzare i popoli sottosviluppati, il Mali con l'indipendenza del 1960 assunse l'antico nome dell'impero fiorente che dominava le rive del Niger e fondava la sua ricchezza sul commercio transhariano. Finito il tempo del commercio africano, la colonia, priva degli strumenti tecnologici, cade nella povertà. E come testimonia l'enciclopedia del sapere:
“Manca l'industria di base
(modestissimo è d'altronde anche l'apporto energetico: si producono
solamente 410 milioni di kWh annui, per lo più di origine idrica
grazie alla realizzazione di centrali idroelettriche sul Niger e sul
Senegal) e l'attività manifatturiera, in buona parte
semiartigianale, è eminentemente basata sulla trasformazione dei
prodotti agricoli e zootecnici, comprendendo perciò oleifici,
cotonifici, birrifici, zuccherifici, manifatture di tabacchi,
concerie; funzionano inoltre piccoli saponifici, cementifici ecc. Il
Mali possiede anche un artigianato di pregio (tessuti, pellami,
ceramica bigiotteria e lavorazione del legno).
Prospezioni geologiche hanno accertato
la presenza di vari minerali, tra cui ferro e petrolio, ma al momento
l'attività estrattiva riguarda solo fosfati, oro (con riserve
stimate nell'ordine delle 500 t e che rappresenta una delle
principali voci di esportazione) e uranio, oltre ai depositi di sale
del Sahara, da tempo sfruttati. Il sale viene prelevato dalle miniere
di Taoudenni e trasportato ancora a dorso di cammello.”
mi chiedo: a una società dominata dallo
spread e dai poteri forti dell'alta finanza che pur di tutelare i
propri profitti ha impoverito le economie degli Stati deboli e
mandato alla morte civile intere generazioni cosa può importare il
futuro del Mali e suscitare l'attenzione in una terra piagata dalla
fame e dalla miseria?
Quali interessi avranno certi Stati
democratici per mobilitarsi e inviare costosissimi droni nonché contingenti armati e, probabili, vettovagliamenti?