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mercoledì 2 ottobre 2024

Giochi d'altri tempi

 

"strumbu"

Và và và joca a la singa oppuru a lu strumbu ca u trissetta on fha ppe ttia.” Lo canzonò il compare mettendogli il mazzo di carte sotto l’ascella. “và bbò ja a rivincita, fhacimu a rivincita”. “Ricogghjati!

Fhacimu natra manu ppe patruna e suttha” – “Ricogghjati ca o n’è sirata vvà và ca ncunu t’aspetta a la casa…”. Scene simili erano soventi nel bar di Pepè, in piazza.

Era d’uso che dopo una giornata di lavoro ci si radunasse al bar per una partita a carte e scambiare quattro chiacchiere. Solitamente i compagni erano sempre gli stessi. Sedevano l’uno di fronte all’altro attorno al tavolo e formate le coppie iniziava il torneo di briscola, tresette e scopa. La posta in palio consisteva in un quartino di vino dopo lo sfottò ai perdenti. Qualcun altro giocava a padrone e sotto. Sempre con le carte. Chi vinceva aveva il comando e dopo una tiritera tra chi gestiva i bicchieri colmi di vino, il padrone, decideva chi doveva bere e chi stare con la bocca asciutta. Il destinatario dell’offerta doveva bere tutto d’un fiato. Avveniva che, se il gioco era gestito con l’intenzione di fare ubriacare qualcuno, questi rientrava a casa “mussu e dinocchja, ntopiciatu”.

All’epoca della storia non c’era internet e neppure netflix e le piattaforme simili ad offrire serate da film. Ma, figuriamoci, non c’era neanche la televisione!

I passatempi si inventavano al momento. Bastava qualche moneta in tasca per tentare la fortuna. I più scaltri sapevano calibrare peso della moneta da lanciare il più vicino possibile alla linea tracciata per la strada e la forza da imprimere. Qualcuno riusciva a spaccare la linea! E quello vinceva di sicuro. Raccoglieva le monete sparse, le aggiustava nel palmo della mano, sovrapponeva l’altra mano e le faceva roteare dentro i palmi ben serrati e, di colpo le gettava per aria: testa o croce? Testa! uno, due testa e tre, quattro croce!, rimanevano a chi aveva lanciato le monete per aria mentre con le altre, quelle indovinate si continuava a giocare fino a quando, a giro in base all’ordine d’arrivo, più vicina alla “singa” non indovinavano. E quasi sempre l’ultimo rimaneva con un palmo di naso.

Un altro gruppetto giocava allo “strumbo”, una trottola di legno grande quanto una mano lanciata dopo averla avvolta nello spago da cima a fondo. Anche in questo gioco doveva esserci una grande dose di maestria. I più bravi riuscivano con un colpo ben assestato a colpire una trottola mentre girava. La colpivano con un colpo secco. Il chiodo si infilava nella sommità e la spaccava.

Giochi d’altri tempi. Giocattoli poveri, costruiti in casa e per strada. Bastava un temperino ben affilato e un ciocco di legno a forma di cono per rendere felice un ragazzo del popolo.

E la fionda? Chi non ne ha costruita almeno una nella sua vita  con una vecchia camera d’aria della bicicletta e un legno a forma di Y?

Beh, forse no. È più facile andare al supermercato e comprare un video gioco. Una card da inserire nel video game 

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