Maschere apotropaiche, folklore e tradizione popolare calabrese nelle ceramiche di Tina e Mimmo Tripodi
Ti ho mandato l'invito su Face l'hai visto? No! Di che si tratta? Questa sera ci sarà una dimostrazione di ceramica. Ti aspetto! Mi raccomando non mancare.
A che ora? Dalle 16e30 fino alle 19.
non so se ce la faccio a venire. Ho dei piccoli impicci da sbrigare.
Però se faccio in tempo vengo volentieri.
16,35. Catanzaro Lido.
Appena cinque minuti di ritardo.
Parcheggio la macchina e entro nella galleria sulle cui pareti rosse sono in bella mostra le tipiche maschere apotropaiche del tirreno
reggino.
La platea è composta da persone adulte
e da una bambina, è proprio la bimba di otto anni a catturare la mia
attenzione: è attentissima, pende dalle labbra della signora Tina
Patamia, moglie del maestro ceramista Mimmo Tripodi,
entrambi presenti in galleria per l'evento organizzato da Antonella
Gentile.
Da quanto sento intuisco che, Tina Patamia, la
relatrice ha iniziato a parlare da almeno mezz'ora
Racconta della Magna Graecia e delle
superstizioni dei calabresi. Accenna alla psicoanalisi e collega le
maschere apotropaiche alle storie narrate dai cantastorie e da Omero.
Parla degli dei raffigurati dalle maschere e del potere che queste
ultime hanno contro il malocchio, le malelingue e le paure inconsce.
Accenna alla tradizione orale, al
folklore contadino e al potere che gli ingenui davano e continuano a
dare ai manufatti in terracotta. Parla e gesticola facendo vedere
alla bimba che le sta davanti una dimensione onirica e credulona
quasi tangibile. Storie antiche rese attuali dalle maschere appese
che guardano dall'alto il mondo incantato della piccola.
Gli eventi quotidiani si mescolano con
le chimere e stanno insieme sui letti magici della fantasia popolare
che vuole le maschere inchiodate nelle case per combattere il male
oscuro gettato dagli invidiosi.
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