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giovedì 24 febbraio 2011

quello che la pubblicità non dice

©mario iannino

©RIPRODUZIONE VIETATA by mario iannino 2006 "fragile vanità"

Alcuni temi diventano, a furia di discuterli, una questione di lana caprina, che danno ulteriori infinite versioni determinate dai credo individuali. Uno dei temi maggiormente trattati è:
Nudo sì, nudo no! In funzione del fatto che qualsiasi prodotto, anche quando non centra, è associato alla lussuria e quindi al corpo femminile, ai rimandi che un bel seno, culo o labbra visualizzano nell’immaginario maschile, e non fa differenza se il messaggio pubblicitario è trattato da uomini o donne. In pubblicità le icone da utilizzare sono ben chiare!
Non è altrettanto chiaro fino a quanto il messaggio intriso di verità espresse o lasciate alla singola immaginazione penetra nella testa degli utenti e le eventuali disfunzioni che produce allorché la metafora è considerata onesta da alcuni.
Le persone smaliziate non si lasciano contagiare dagli spot pubblicitari, loro osservano attentamente i prodotti, li analizzano anche se indirizzati in un primo momento dal messaggio e dalla curiosità intesa come conoscenza di un ulteriore prodotto da utilizzare. La comparazione è esercitazione mnemonica per le intelligenze aperte al nuovo. D'altronde, si comprende bene come la pubblicità esplosa negli anni del boom economico abbia influito e condizionato le culture dei singoli cittadini. Probabilmente il linguaggio adottato dal creativo per stimolare il consumatore “italiano”, è inteso diversamente dal libanese o dal tunisino, bosniaco, bielorusso, slavo, tedesco e così via, per un motivo semplicissimo strettamente collegato al modello di vita tutto italiano.

È ovvio che se una persona ha quotidianamente problemi di sussistenza primaria come sfamarsi e sfamare la famiglia, se assiste a spot inerenti alla salute degli animali o le lotte giuste degli animalisti occidentali, in lui scatta una sola certezza: se trattano così bene gli animali significa che hanno raggiunto un grado di benessere assoluto. Quindi, c’è posto anche per me in quel paradiso terrestre. Forti di queste facili considerazioni tentano il tutto per tutto; impegnano le poche misere cose e intraprendono il viaggio della speranza; rischiano la vita per arrivare nel fantasioso territorio italiano e, una volta giunti, ironia della sorte, vedere i sogni infrangersi contro l’amara realtà fatta di lavoro nero, sfruttamento, miseria e qualche pasto nelle mense dei poveri se tutto va bene perché l'Italia non è il paradiso sublimato dalle trasmissioni televisive e tanto meno dagli spot pubblicitari.
Ecco quello che la pubblicità non dice!

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