Secondo le S. Scritture, quando Gesù capì che era arrivato il momento di divulgare il Verbo non armò eserciti ma si mise a predicare alla gente. Viaggiò da villaggio a villaggio. Predicò la pace, la comprensione e l’amore. Le sue parole toccarono i cuori; amici e nemici aprirono spiragli di speranza e varchi di carità al prossimo. Moltiplicò i pani. Sfamò il corpo e l’anima. Bussò ai cuori. Resuscitò i morti.
L’esercito Cristiano, il suo esercito, armato di fede e amore, divulga ancora oggi, fiducioso l’uguaglianza e l’amore universale. I dodici apostoli, varcati i confini della Palestina, con la sola forza della parola e dell’esempio, sono riusciti a contaminare il mondo raccontando il Vangelo.
Dalla morte di Gesù, avvenuta sulla croce, sono trascorsi 2010 anni.
Purtroppo, nonostante si ricordi e s’insegni la vita di Gesù in ogni momento, specie nelle celebrazioni sacramentali, il Suo Sacrificio sembra vanificato dalla turpitudine progettuale di certe azioni che nulla hanno a che vedere col sacro amore. E, mentre ci si arroga il diritto d’intervenire nelle vicende private e nelle sovranità di stati terzi, con l’intenzione, solo dichiarata all’opinione pubblica, di portare pace, legalità e democrazia, nella propria casa bivaccano sobillatori, mistificatori e guerrafondai.
Si abbia almeno il coraggio e l’onestà di definire i fatti per quello che realmente sono mentre si piangono i ragazzi morti nella “missione di pace” in Afghanistan; si abbia la determinazione politica di portare gli eserciti nelle loro sedi naturali e si dia agli afghani la possibilità di costituire un loro Stato Sovrano privo d’ingerenze esterne.
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