lunedì 19 aprile 2010

effetti collaterali delle democrazie e delle libertà d'espressione


Il torpore mentale semina apatie che tradotte in atti pratici modificano in peggio la società; dai governanti ai governati, (o forse è più adatto definirli sudditi?) le devianze del pensiero contemporaneo si moltiplicano e conferiscono forme, a dir poco folkloristiche al fare umano. A dare man forte alla pochezza intellettuale è il braccio esecutivo dei poteri oscuri che dominano le scene nazionali e mondiali, vale a dire: notiziari faziosi o quantomeno addomesticati e intrattenimenti demenziali sempre in onda in tv e nelle piazze cittadine. Questi i mezzi preferiti dai suddetti personaggi per indottrinare le masse.
Ma non tutto è perduto! Ancora c’è gente che resiste alla brutalità di certi concetti egocentrici fatti assurgere a filosofia di vita dal malcostume e dall’immoralità di quanti tengono sotto scacco i propri simili, forti della posizione di comando che sono riusciti a ritagliarsi con astuzia nei posti di potere istituzionali e non.
Tra le tante idiosincrasie contemporanee, quella tra i politici è la più invisa dai cittadini perbene. Quei cittadini che si alzano tutte le mattine e, se hanno la fortuna di sapere dove andare, si presentano puntuali al lavoro e producono benessere per la società; in alternativa, se privi di lavoro remunerato, si barcamenano tra moltissime difficoltà e sperano nel secondo miracolo economico o nella trasformazione solidale dello stato sociale dei popoli. Ovvero la suddivisione etica delle risorse tra gli esseri viventi. Ma quest’ultima considerazione è pura utopia se rapportata allo scempio mentale e politico cui si è costretti oggi. Per ultimo, come estremo concetto, concretizzatosi nella realtà, è d’esempio quanto accaduto alle persone dell’organizzazione umanitaria non governativa di Emergency, in merito si riportano alcuni stralci del suo fondatore, il chirurgo Gino Strada:

«Faccio come il ministro Frattini: prego il cielo che il governo italiano non c'entri nulla»

Ringrazia l’Onu «soprattutto»; e poi il governo italiano e persino quello afghano, gli attori in ordine di apparizione e peso secondo il leader di Emergency in questa vicenda. Nonché «tutti gli italiani che ci sono stati vicini e non hanno creduto nemmeno per un secondo alle infamie contro di noi, così come i giornalisti che hanno respinto le bufale». Perché questa in fondo è la partita che andava vinta: quella mediatica. Gino Strada fuma e parla, sorride poco ma si commuove per un istante quando pensa che finalmente Marco Garatti, Matteo Dell’Aria e Matteo Pagani, sono liberi.

«Poi bisognerà vedere... chi c’è dietro questa storia di calunnie e aggressioni. Certo le stranezze non mancano. Ad esempio il fatto che il volo di ritorno da Laskhar-Gah di Marco Garatti, che è il nostro coordinatore per l’Afghanistan e da Kabul si era recato nel nostro ospedale per pochi giorni, sia stato cancellato il giorno prima del suo arresto, cioè il 9 aprile. Alla nostra richiesta di chiarimenti, la risposta è stata: “una richiesta della Coalizione”, e non c’erano nubi di vulcani islandesi quel giorno».
Una dinamica singolare, infatti. «Il giorno dell’arresto, ovvero il 10 aprile, Marco, che era rimasto nell’ospedale circa una settimana, è andato all’aeroporto e gli hanno detto che il suo volo era cancellato. Così è tornato alla base. Lì, poco dopo, li hanno fatti evacuare dicendo che c’era un allarme bomba. E quando li hanno fatti rientrare hanno trovato i militari e le armi che dicevano di aver scoperto. Se questa circostanza del volo cancellato verrà confermata, qualcuno dovrà dare delle risposte.»
Nella "coalizione di pace, composta tra gli altri da americani e inglesi" c’è fin troppa gente che non sopporta il lavoro di Strada e dei suoi, testimoni spesso scomodi della realtà brutale della guerra. «Penso che questa sia stata un’aggressione brutale e violenta e ora con Marco e i due Matteo, continua Strada, dovremo valutare cosa è successo. I punti oscuri non mancano. Prima di riprendere la nostra attività dovremo capire bene chi c’è dietro questa macchinazione, chi sapeva e chi non sapeva. Anche in Italia. Certo, questa è una storia che ha ben poco di lineare: «Non c’è dubbio. Basti pensare che questa ignobile montatura è stata smontata nel giro di 8 giorni e i nostri operatori adesso sono liberi e senza nessuna accusa. Mai nemmeno un reato è stato contestato formalmente e ora ci arriva la notizia che gli stessi servizi di sicurezza afghani li hanno liberati, compresi i 6 operatori locali, scagionandoli completamente e con tante scuse».
Eppure in Italia, all’inizio di questa vicenda, qualcuno è sembrato vacillare.
«Bisognerebbe chiedere a chi in Italia ha formulato ipotesi di accuse o adombrato sospetti che non stavano né in cielo né in terra perché lo ha fatto».

Il governo e il ministro Frattini hanno rivendicato il successo di questa liberazione. Che ne pensa? «La vittoria ha sempre molti padri, la sconfitta è orfana. Noi ci siamo mossi con il segretario dell’Onu che da subito ha considerato le accuse ciarpame. Il governo si è mosso come meglio ha creduto. Comunque, grazie. Ne approfitterò per mandare una maglietta di Emergency a Frattini». Che ne pensa del fatto che la nostra intelligence non abbia saputo prevenire una cosa del genere? «Non lo so. Per dirla con le parole del ministro, prego il cielo che non ne sapessero niente. E non ho motivo di pensare diversamente».

Vi accusano di fare politica. «Perché non mettiamo rossetto e belletto alla guerra e facciamo vedere le sue immagini. E’ questa la nostra colpa. Ma ne siamo orgogliosi. E il fatto che in una valle come quella del Panshir, dove non esistono elettricità e internet, poste o giornali, oltre 10 mila persone si siano messe in viaggio a piedi per arrivare nel nostro ospedale e firmare una petizione di solidarietà è una di quelle cose straordinarie che dicono più di mille parole».

Ecco, per concludere, gli effetti collaterali, quelli non previsti dai poteri oscuri, si sono sviluppati e si sono fatti sentire e vedere affianco di Emergency. Ben tornati a casa!

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