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venerdì 11 settembre 2009
dalle opere di Oppenheim al Siddharta di H. Hesse
In Siddharta, Hermann Hesse, racconta la storia di un uomo che cerca. Cerca di vivere interamente la propria vita passando di esperienza in esperienza. Passa dal misticismo alla sensualità; dalla meditazione filosofica alla vita frenetica degli affari senza fermarsi mai presso alcun maestro poiché non considera definitiva nessuna esperienza acquisita. Siddharta vuole comprendere, penetrare il misterioso tutto dai mille volti cangianti; e alla fine lo trova nel sorriso costante e tranquillo di Gotama, il Buddha.
Ma prima di arrivare a tanto, Siddharta gioca tra gli uomini-bambini, diventa ricco col commercio adoperando le stesse furbizie dei mercanti e indossa molteplici maschere che dismette nel momento in cui ritiene di avere concluso l’esperienza. Esplora povertà e ricchezza; mendica cibo ed elargisce ricchezze.
Infine, la ruota ingannevole delle apparenze rifluisce dentro il perfetto sorriso di Siddharta allorché intuisce il vero senso della vita e lo esterna con lo stesso impenetrabile sorriso visto centinaia di volte sul vecchio rugoso volto di Gotama.
La vita è il risultato di un gioco serio; la somma di esperienze accumulate nel tempo che traducono in metafore la mutevolezza dell’essere.
Davanti alle maschere rovesciate di Oppenheim -che il suo delirio giocoso trasforma in chiglie con vele- adagiate tra gli ulivi del parco archeologico della Roccelletta di Borgia, considerando, appunto la mutevolezza umana, non si può evitare di pensare ai molteplici aspetti della vita cui ogni essere è costretto o, meglio, tenuto a sondare liberamente.
(mario iannino)
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