venerdì 11 gennaio 2019

Una storia affidata al web

Il ragazzo incappucciato guarda fisso in camera. Chiede consiglio ai follower s. Racconta agli ipotetici seguaci una storia. La sua storia. E chiede cosa fare nel caso qualcuno si trovasse nelle sue stesse condizioni esistenziali.
Il dilemma del ragazzo consiste se andare a conoscere oppure no i consanguinei che lui non ricorda di conoscere. Eppure uno zio, per quanto mi è stato detto, fratello del padre defunto quando lui, Carletto, era piccolo, questo il nome di fantasia che do al postulante, per i primi anni andò metodicamente a fare loro visita. Ma la situazione che di volta in volta lo zio trovava non era delle più gradite.
Non sto a spiegare nei dettagli cosa o chi vedesse. Fatto sta che non l'approvava! Così iniziò a diradare le visite pur mantenendo il legame attraverso le notizie portate dal vento.

Ma il vento, si sa, non sempre è lo specchio veritiero dell'animo umano.

Anch'io ho vissuto di riflesso storie di vite vissute e anche se accanto ai protagonisti diretti molte sfumature non le ho sapute cogliere.

Ora, per rispondere al quesito iniziale del ragazzo del “confessionale”, dico che: se fossi in lui andrei a scovare la verità interrogando e venendo a conoscenza di fatti e fattori che hanno definito la storia di chi gli ha dato la vita. Anche col pericolo di fare scoperte scomode, poco edificanti e per niente romanzate o mediate dalle volontà di chi gli è stato accanto fisicamente per tutti questi anni. Perché la vita è dura e a volte crudele. Per questi motivi mi sento di suggerire un concetto semplice: vivi la tua vita e cerca di trarre il meglio seguendo i canoni della bontà e della correttezza. Il resto lascialo alle spalle. E se ci tieni a conoscere le persone che tu pensi ti abbiano “abbandonato” fallo ma accostati senza pregiudizi. Chissà, forse può nascere qualcosa di buono.

mercoledì 19 dicembre 2018

Jenni è pazza

40 anni ma non li dimostra!

Poche chiare semplici parole per descrivere il malessere contemporaneo.

Vasco ancora una volta ha saputo declinare le nostre sensazioni, il nostro stato mentale trasducendo il malessere sociale che tocca tutti in poesia.

Gli Artisti penetrano le barriere temporali, anticipano i tempi, leggono gli stati mentali, sospendono in un eterno presente le emozioni e tutto quanto concerne il vissuto quotidiano e ne fanno poesia.

Jenni è pazza, del 1998, Vasco ce la ripropone in video con una nuova veste grafica animata, elementare ma non scontata, poeticamente accattivante, scaturita dalla matita di Rosanna Mezzanotte e per la regia di Arturo Bertusi, art director di Vasco, siamo, nello stesso tempo, spettatori e attori introspettivi delle contraddizioni concettuali contemporanee.

Complimenti Vasco!  

lunedì 19 novembre 2018

Essere: come un ippocampo

"una storia"
Per magnificare le qualità di una persona spesso prendiamo come riferimento il carattere degli animali: “forte e impetuoso come un toro o un leone; perspicace come una faina, ma, difficilmente ricorriamo alla figura del cavalluccio marino per indicare l'attaccamento alla famiglia da parte di un uomo. L'essere protettivo e “mammo” di quanti si prendono cura dei figli fin dalla nascita. Eppure, pare che questo simpatico animaletto abbia i requisiti giusti per essere il simbolo concreto dell'amore paterno!

Da quando ho letto che tra le peculiarità innate ce ne sono alcune imprescindibili quali la “gestazione paterna” e la fedeltà reciproca della coppia (che dura tutta la vita), personalmente, ho rivalutato la natura e l'essere dell'ippocampo. Anche perché, senza falsa modestia, questo aspetto mi appartiene.

La natura umana non consente di portare dentro il marsupio la “vita”. Questa è prerogativa esclusiva della donna. È lei che ha l'ovulazione e porta in grembo il feto per nove mesi. All'uomo rimane l'apprensione e l'attesa per tutto il tempo della gravidanza ma dopo può e deve dedicarsi ai figli. Accudirli; preparare loro le poppate; cambiare i pannolini e fare le nottate...

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