Bello! Sintesi perfetta! Armonia ed
equilibrio allo stato puro...
le parole mi escono spontanee davanti
al lavoro appeso alla parete. L'odore acre dello smalto nero
punzecchia il naso. “Scusa ma devo finire sennò sgocciola!” dice
Enzo.
E mentre lui continua a spennellare
parliamo delle sensazioni intime che le poetiche della visione ci
trasmettono e della gratificazione finale provata davanti all'opera
finita.
Vincenzo Trapasso è un artista
catanzarese. Uomo sensibile e provato dalla vita, trova, da vero
artista, energia dalla e con la pittura in quanto momento catartico
dell'esistente.
I suoi lavori, soggettivizzati dal suo
personalissimo percorso artistico, sono la testimonianza di una
volontà ferrea che lo induce ad osare e andare oltre il dato visibile della
figurazione.
Detto ciò, non intendo tessere le lodi
qui, oggi, semmai scriverò in un secondo momento su questo blog del
percorso artistico di Enzo e della nostra amicizia nata agli inizi
degli anni '70. Adesso non è il caso. D'altronde la sua
biografia è ben nota agli addetti ai lavori.
Adesso ritengo costruttivo accennare
per sommi capi alla pertinente importanza dell'Arte in Calabria e nel
mondo; alla sua valorizzazione e alla potenza innovatrice che sprigiona specialmente in tutte le persone sensibili che conferiscono
ai linguaggi poetici della visione quel ruolo preventivamente
catartico relegato in spazi onirici in cui allocare elettivamente
anime dalle differenti cromie.
Purtroppo, la Calabria è una realtà poliedrica. Difficile. Misteriosamente accattivante, simile alle energie creative racchiuse nelle gestualità propositive condensanti, rafforzative dei linguaggi verbali del popolo mediterraneo che, concretizzatesi in opere, anziché trovare spazi idonei alla loro valorizzazione cozzano contro muri di gomma eretti dell'establishment. Una sorta di trincea che non lascia passare gli “estranei” e quanti potrebbero minare il potere acquisito dopo estenuanti servili attese e relativi sacrifici intellettualmente discutibili.
Purtroppo, la Calabria è una realtà poliedrica. Difficile. Misteriosamente accattivante, simile alle energie creative racchiuse nelle gestualità propositive condensanti, rafforzative dei linguaggi verbali del popolo mediterraneo che, concretizzatesi in opere, anziché trovare spazi idonei alla loro valorizzazione cozzano contro muri di gomma eretti dell'establishment. Una sorta di trincea che non lascia passare gli “estranei” e quanti potrebbero minare il potere acquisito dopo estenuanti servili attese e relativi sacrifici intellettualmente discutibili.
Non si tratta di dialettica o confronto
alla pari. Quando si parla di arte visiva si ha la sensazione di parlare al vento. Sembra di essere in un campo di battaglia, perennemente in guerra. E' qualcosa simile all'ostracismo. sentimento nefasto che, non solo in Calabria, domina il campo della cultura al pari se non peggio di biechi affari. D'altronde si è visto come la cultura è trasformata in mangiatoia dagli operatori scaltri. E pensare che, appunto, in quei remoti anni '70 l'arte, la cultura la immaginavamo al riparo dalle meschinità. Per noi rappresentava l'area in cui ogni azione
doveva essere valutata e finalizzata in funzione dell'emancipazione collettiva. Azione sinergica, quest'ultima, che potrebbe apportare nella collettività profitti inimmaginabili, quantificabili in immensi tesori economico-culturali. Insomma, una vecchia storia di fantastica frontiera fatta di beni immateriali e profitti economici, se surrogata da sincere personalità esperte e imparziali, lontane dalle logiche dei poteri o sottomesse alle leggi delle cricche infestanti, lobby nocive per la Cultura.