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giovedì 23 gennaio 2020

Flussi e riflussi storici

Arte del vivere.




 

Benedetti social!
Ci sanno depistare bene! Basta che qualcuno (un Influencer che ha molti followers o che sta a rimorchio di qualche partito, carro o altro), posti qualcosa di pruriginoso il gioco è fatto!

E noi, come dei tori nell’arena, abbassiamo la testa, indignati o incazzati è indifferente, partiamo alla carica verso il drappo agitato dai toreri delle piattaforme.

L’adrenalina sale alle stelle.
Le battute diventano una gara di simpatiche elucubrazioni.
Sì le distrazioni di massa funzionano. Funzionano e fanno dimenticare le malefatte più deleterie.
Dimentichiamo i soldi pubblici rubati e impegnati all’estero in gioielli e oro.
Dimentichiamo le assenze dalle riunioni delle commissioni parlamentari indette per migliorare le condizioni dei cittadini.
Dimentichiamo le promesse fatte, giurate e santificate col rosario in mano.
Dimentichiamo i muri mentali e fisici eretti per creare lager, isolare i deboli, bisognosi e sporchi che fuggono dalla morte.
Dimentichiamo i sacrifici dei nostri genitori, emigrati a loro volta, fuggiaschi per necessità in direzione “speranze” carichi solo di tanta buona volontà e forza nelle braccia e nelle teste.

Teste caparbie! Noi calabresi, che quando vogliamo abbiamo la memoria lunga.
Ricordiamo i sacrifici, le fatiche, le pene subite che abbiamo dovuto ingoiare per necessità. E siamo anche permalosi…
Permalosi? Certo!
Permalosi a tal punto da ritenere un’offesa gravissima il tu confidenziale, se chi si rivolge alla nostra persona ci dà del “tu” in virtù della nostra giovane età… senza conoscerci dalle elementari o dall’asilo.
Parodiando il geniale Totò, il principe della satira italiana, ci verrebbe da dire “lei non sa chi sono io!”.

C’è una certa forma mentis distorta dal super ego anche coi vecchi amici o conoscenti, se nel frattempo abbiamo fatto carriera, ci siamo laureati o conquistato un posticino al sole che solo Iddio sa di quanti e quali sacrifici è costellata la strada del “successo”.
Dottore, avvocato, professore, maestro, direttore… il più quotato e elargito con abbondanza di salamelecchi è il titolo di dottore, d’altronde non costa nulla prendere per il qulo chi si sente superiore.

Ebbene, suppongo che questi calabresi di nuova generazione non conoscano gli usi e i costumi dei nonni. Non sanno che il “tu” è sinonimo di affetto intriso di stima profonda. Amore che non necessita di anteporre un titolo al nome. È come un bacio affettuoso o d’amore dato con la mano. Una carezza verbale. Un’intima frase rivolta alle nuove generazioni che si son fatte strada grazie ai sacrifici dei genitori e della collettività che ha lavorato per migliorare la società.

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