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giovedì 14 luglio 2016

Prima della fiducia la diffidenza

Impalcature mentali e relazioni sociali


La diffidenza è, a volte, uno scudo protettivo; per alcuni è sinonimo di protezione.
La diffidenza è l'armatura che protegge dall'ignoto.
Innalziamo teorie dettate dalla paura e le facciamo agire come agisce un anticorpo contro i virus per preservare il nostro, quieto, raggiunto, benessere.



Si diffida delle persone sconosciute. Delle promesse fino a che non seguono i fatti. E si diffida persino da chi si conosce da tempo immemorabile allorché ci sono interessi da tutelare in ballo.

Siamo fatti così. Prima vogliamo conoscere chi ci sta d'avanti, la sua storia, e dopo, se lo merita, forse, gli diamo piena fiducia. Ma sempre con il beneficio dell'inventario. Cioè mai al 100%.


Però a volte capita che la chimica ci soccorra e l'alchimia sia immediata. A pelle apriamo il cuore. Iniziamo a parlare anche di fatti intimi che non avremmo osato confidare neanche agli amici di vecchia data.
Siamo fatti così, noi. Calabresi. Nella maggior parte dei casi.

C'è, però, chi, nonostante tutto, continua a diffidare del prossimo. Si chiude a riccio e non si smuove neanche con le cannonate!
“Abbà ca nci nda fai ricci e cannoli, iddhu è e resta na cuta! U santu è de marmu e on suda”.
Inutile dare prova dell'onestà intellettuale che ti caratterizza anche nelle piccole cose e che trasfondi nei rapporti interpersonali, il tuo interlocutore è e resta sordo da quel versante, nonostante le tue buone intenzioni, lui è di pietra e non s'emoziona (questo, grosso modo, è il senso del detto nostrano citato).

In alcuni lontani angoli della terra, dove la sopravvivenza non dipende da un solo individuo, la fiducia nell'altro è il bene più grande. Gli Inuit ne sono certi! Il popolo del grande freddo è di poche parole, ferme e definitive. Se due Inuit sono in mezzo alla tempesta e uno dei due è ferito, l'altro non lo abbandona. Lo lascia lì e va in cerca di soccorso. Ma se nel frattempo il ferito si sposta per un motivo qualunque la sua decisione lo conduce a morte certa perché l'altro, al suo ritorno, non trovandolo nel posto in cui lo ha lasciato se ne va via senza guardarsi attorno.

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