chi deve pagare?

Crisi economica e umori popolari.
La crisi si tocca con mano e stritola nella miseria specie gli abitanti delle grandi città come Roma dove una larga fetta di cittadini per risolvere problemi impellenti impegnano oggetti carichi di affetti, importanti, che hanno tassellato ricordi lunghi una o più generazioni, con la speranza di poterli riscattare appena superata la recessione. Nel frattempo le polemiche montano e ce n’è per tutti. I laici se la prendono col Vaticano perché non paga le tasse come gli altri cittadini costretti a pagare ici irpef ecc. dimenticando gli accordi tra gli Stati che, considerata la situazione contingente di sofferenza nazionale, potrebbero essere rivisti dal governo italiano e dal Vaticano; i lavoratori, dipendenti e disoccupati, trovano il nemico nel capitalista e a sua volta l’industriale accusa il sistema fiscale italiano di non essere competitivo col resto del mondo globalizzato.
Insomma, la paura di ricadere nella povertà degli anni postindustriali preoccupa e coinvolge tutti, ma sembra non scalfire le facce di bronzo dei politici che imperterriti continuano nelle dissertazioni parolaie mentre infilano le mani nelle tasche dei soliti contribuenti.
Alcune testate giornalistiche pubblicano gli elenchi dei politici “ricchi” che percepiscono vitalizi e o hanno incarichi pubblici da nababbi. E poi ci sono i capitali rientrati in Italia dai paradisi fiscali grazie all’ultimo scudo fiscale di Tremonti che condonati assumono valenza giuridica sana ma che non concorrono al bene sociale nazionale al pari dei lavoratori in nero o agli evasori che beccati pagano una ridicola ammenda. Se solo ci fosse la volontà, sarebbe semplice arrivare ai colpevoli e pretendere i dovuti risarcimenti. E poiché questa manca, le acque si agitano ancora di più. Anche la giustizia fatta dagli uomini e applicata da certi uomini è volubile, creativa; come dire… ha lo sterzo? immancabilmente andrebbe a colpire anche chi non ha colpe, darebbe adito ad alzate di scudi settoriali, come avviene tra i calciatori che nonostante siano remunerati profumatamente dai club per giocare e dagli sponsor per pubblicizzare merce di dubbio valore trovano cavilli per non contribuire in prima persona al risanamento pubblico. Di contro i dipendenti pubblici, i pensionati e i cittadini censiti dal sistema tributario devono sottostare passivamente e pagare a muso duro il deficit causato dai predatori dell’economia globalizzata.

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