La rappresentazione per immagini è una scelta linguistica chiara che l’artista adotta e applica nei
momenti consoni.
Fare arte oggi non significa essere innamorati di determinati modelli espressivi e adoperarli insulsamente ma servirsene per apportare humus culturale e scuotere ove necessita le coscienze.
L’operatore culturale contemporaneo ha a disposizione un tesoro linguistico inestimabile. Sta alla sua determinazione decidere quale strumento adoperare e quale platea coinvolgere nelle sue analisi.
Oggi, l’artista, a differenza dei tempi passati, non dipende dagli umori del mecenate di turno, e ciò lo pone in una posizione di privilegio rispetto ai Maestri dei decenni trascorsi; condizione, questa, resa possibile dall’evoluzione sociale raggiunta; dall’autosufficienza lavorativa che, suffragata dagli studi e dalla volontà di ampliare i modelli espressivi pittorici, consentono il dialogo tout court con ampi strati sociali.
È risaputo che la figurazione solitamente didascalica è autocelebrativa; d’altronde se non ci fossero stati i magnifici lavori del passato ad arredo di chiese e luoghi pubblici ben poco degli usi e dei costumi sarebbe giunto fino a noi. Senz’altro non è arrivata la verità assoluta ma la volontà del pensiero dominante temporale allorché l’artista è condizionato da despoti che gestiscono le sorti dei popoli non per spirito di servizio ma per esercitare e accrescere il proprio potere.
D’altro canto, la figurazione è, per antonomasia, dialogo immediato che unifica idee e linguaggi differenti di ceti medi e di quanti non posseggono strumenti di decodifica adeguati. Perciò, la figurazione si avvale di metafore e segni arcaici assimilati dalla cultura esperienziale umana che contestualizzate rendono più di mille parole.
(mario iannino)