lunedì 1 febbraio 2010

disagi sociali: è l'ora della resa dei conti


Il concetto di “capitalismo” può esprimere empatia solidale?


Può identificarsi nelle realtà sofferenti e dar loro una mano per superare i problemi creati dall’egoismo generato dai mercanti d’anime?

Le “banche etiche” dicono di sì! È possibile trovare un punto d’incontro. E allora perché si continua a lavorare secondo logiche utilitaristiche anteponendo i profitti aziendali alla solidarietà e alla difesa della dignità degli uomini?

In Italia, ma anche nel resto del mondo cosiddetto civilizzato, assistiamo ai soliti balletti dei dirigenti nazionali tesi a mantenere posizioni di dominio piuttosto che risolvere e risollevare i destini degli uomini che hanno contribuito al superamento di fasi storiche ambigue:

Grandi aziende come FIAT; TELECOM ex SIP, FERROVIE DELLO STATO, Poste Italiane, e altre aziende dell'ex gruppo IRI ormai alienate come l'ITALTEL, tanto per citarne alcune, devono la solidità economica ai fondi erogati dallo Stato, aiuti che sono serviti a risanare i bilanci aziendali ma non le sorti dei lavoratori. Infatti, una volta risanate, le aziende, hanno dato mandato ai rispettivi dirigenti di contenere i costi attraverso l’eliminazione dei “rami secchi”, frange improduttive composte di persone soppiantate dalle macchine e dai sistemi robotici.

Politica aziendale che mira al guadagno, quindi, e non alla dignità dell’uomo.
Politica aziendale disumana che ha provocato e continua a provocare enormi disagi sociali.

Il divario tra chi sta bene e chi vive tra stenti, creduti superati e sconfitti, si è allargato a dismisura. I lavoratori e le loro famiglie, ma anche chi non ha mai avuti la possibilità d’intraprendere un percorso lavorativo, sono allo sbando.

Anche nel 2010 continua la campagna “rottamazione” per il settore delle auto, a questo si è aggiunto la filiera dell’energia, l’incentivo allo svecchiamento delle caldaie domestiche… Ma se non c’è una ridistribuzione equa delle risorse economiche quanti possono accedere e sostenere questo modo maccheronico di fare sistema?
E ancora, perché i cittadini dovrebbero firmare cambiali in bianco per acquistare prodotti che portano ricchezza ad aziende, azionisti, dirigenti che lasciano morire di fame le famiglie?

I governi colpiti dalla recessione economica devono trovare al più presto un rimedio alla situazione di disagio sociale attuale, devono farlo in fretta, prima che sia troppo tardi, e con altrettanta determinazione devono pretendere la solidarietà dei gruppi che finora hanno avuto profitti dal sistema economico e politico.

domenica 31 gennaio 2010

Lupa & Vasco: un amore


Il suo nome è Lupa! È una cagnetta carina. Snella. Dal manto lanuginoso. Colore e portamento conducono le sue origini predominanti alla razza aski.
Sempre in giro da sola nel quartiere, qualche mese addietro, Vasco la caccia di brutto dal suo territorio e da quel giorno gira al largo. Quando usciamo per la passeggiata e c’incontra, Lupa abbassa la testa e le orecchie, mette la coda tra le gambe come se volesse occultarsi e cambia strada.

Fino a qualche giorno addietro non conoscevo il suo nome e la chiamavo Bella! Bella! Vieni! Le dico, mentre faccio sedere Vasco; le tendo la mano e lei si avvicina remissiva. Accarezzo entrambi e li lascio giocare nel prato. Bella sembra rinata! Galoppa con la coda alta, rizza le orecchie si strofina a Vasco in segno di sottomissione e lui, Vasco, da vero dominante la lasciava fare. Lei lo mordicchia dappertutto, gli lecca le labbra e lo sprona a giocare; sculetta e lo invita a correre; lui la asseconda, le salta sopra, ma i ripetuti assalti non giungono a buon fine: lei non è in calore e non si lascia montare.

Oggi, all’uscita pomeridiana, solito incontro d’amore: gli sguardi s’incrociano. Vasco si siede; lei gli corre incontro sinuosa; si struscia e inizia la schermaglia amorosa. Da lontano qualcuno grida un nome: Lupa Lupa. Signore stia attento non li faccia accoppiare che la ingravida. Ma no non si preoccupi, è da qualche giorno che va avanti sta storia: lei lo circuisce ma non si concede. Si vede che ancora non è in calore. Non il calore è iniziato ma ancora non è pronta: anche lui lo sente! – aggiunge rivolgendosi al magnifico pastore tedesco che tiene al guinzaglio-.

Migranti: alla ricerca delle proprie radici


Storie di emigranti: partiamo dalla Calabria.

Da Vallefiorita a ...

Vi è un momento della propria vita in cui si è portati a fare un bilancio sommario che comprenda percorsi personali, familiari e sociali. Momenti di vita dimenticati o trascurati assumono valenze diverse a seconda dell’età o dalle propensioni dell’animo umano.

L’individuo a volte è alla ricerca delle proprie radici per puro sentimentalismo, altre per comprendere le proprie radici così da comprendere appieno l’evoluzione degli usi e dei costumi sociali ed in ciò le immagini i filmati, la letteratura, la storia, insieme, i documenti storici citati aiutano a comprendere il vero senso della vita dei migranti, siano essi italiani, bosniaci, indiani, marocchini o afroamericani.

Questo il tema della seguente rubrica che apre con l'intento di aiutare i lettori protesi a ricercare parenti e amici lontani geograficamente.

Alcuni avvenimenti sono rimossi automaticamente dalla memoria, altri si dimenticano senza un perché e quando capita tra le mani una vecchia foto si cerca di associare l’età, il giorno, l’occasione e magari collegare il tutto a qualche evento importante, tipo il campionato di calcio, la scuola, una ricorrenza familiare.
A volte l’operazione mnemonica dà buoni frutti altre volte no! Ed è ciò che succede davanti a certe fotografie

sabato 30 gennaio 2010

libertà in arte: il rhytm and blues e gli anni 60




I fiorellini bianchi stampati su fondo viola hanno catturato la mia voglia di viaggiare.
aore12


Vedo una vasta distesa soleggiata.
Ragazzi dai capelli lunghi e dalla barba incolta. Musica rock. Sorrisi. Calore.

Ragazzi e ragazze che si tengono per mano e cantano in coro parole d’amore. Ballano.
Inneggiano al nuovo mondo, alla pace.

Le bancarelle, addossate l’una all’altra,costringono i passanti in fila indiana. Lo spazio destinato al mercatino del sabato tra le palazzine popolari di Pontepiccolo è esiguo. I venditori ambulanti, adagiano la mercanzia sui declivi del terreno incolto e invitano la gente a misurare la biancheria nei furgoni in parte svuotati.
La radio trasmette ritmi musicali e parole sconosciute. Parole graffianti, a volte roche ma piene di musicalità.
La voce del cantante nero diventa strumento che accompagna e s’insinua tra le note della band. Qualche signora anziana storce il muso: meglio Claudio Villa! Che sono ‘ste porcherie! Rumore solo rumore! Yè yè yjèè parlano ‘njiermitu chi li capisce a questi! Ah ma dove andremo a finire. Povera gioventù. È una generazione bruciata! …
“Ti piace? Bella vero? È una camicia americana! I ragazzi in America usano vestirsi così ora… dopo Woodstock”.
Non sento il venditore ambulante. Seguo il ritmo sincopato, l’andata e il ritorno della chitarra elettrica, il rullare della batteria. È avvolgente!
Bella vero? È una canzone di Wilson Pickett. Un cantante di colore che sta spopolando nelle classifiche col suo rhytm and blues. Questi Neri hanno un’anima veramente poetica!

Cantano le sofferenze di un intero popolo fatto schiavo dalla malvagità di quanti si sentivano superiori... poverini!


giovedì 28 gennaio 2010

haiti, 15 giorni dopo la catastrofe


Haiti.
È commovente! Dopo 15 giorni i volontari estraggono dalle macerie una ragazza di 16 anni ancora in vita. Un corpicino minuto, imbiancato dai calcinacci e dalla polvere, rivede la luce; torna alla vita e sussurra “merci” ai soccorritori; chiede notizie dei genitori al medico, visibilmente emozionato, che le ha prestato le prime cure prima di essere imbarcata sulla nave ospedale americana.
Intanto i sopravvissuti vagano alla ricerca di alimenti, acqua e vestiti. Ognuno pensa per sé! E le immagini del bimbo seduto nudo in mezzo alla strada nell’indifferenza totale dei passanti lo confermano.
Solidarietà, spirito di conservazione, egoismi, ricchezze e miserie umane convivono nell’isola.

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