Mi è capitato tra le mani un libro dalla veste grafica banale che, a primo acchito, non
suscita curiosità nel lettore. Copertina bianca con scritta centrale rossa tra
due linee orizzontali rosse e agli estremi, verticalmente, due nomi dal cognome
identico: in alto, Pino Masciari e sotto, in basso Marisa Masciari. Fratello e
sorella? No, marito e moglie! È d’uso, in Calabria, che la donna sposata perda
il cognome da nubile e acquisisca quello del marito. È una forma arcaica di
sottomissione e di nuova appartenenza molto radicata nei paesi. La tradizione
impone anche il perpetuarsi dei nomi dei capifamiglia, prima di tutto quello
del nonno paterno che si trascina dietro anche “a ‘ngiuria”, il nomignolo, un’eredità
indelebile!
Lo schema della copertina del libro sembra mantenere saldo
il concetto antropologico appena espresso, ad eccezione del soprannome.
Il titolo “Organizzare il coraggio” e il sottotitolo “La
nostra vita contro la ‘ndrangheta”, ha il sentore del “solito opuscoletto”
scritto per accumulare “punti” in qualche club.
Lo apro e dopo qualche pagina la ridondanza di certi
concetti evidenzia una sorta di ego mortificato e qualche sottile incongruenza
nel ripetere ossessivamente fatti risaputi.
È una sorta di biografia di un imprenditore che per sfuggire
al pizzo denuncia i suoi estorsori e divenuto testimone di giustizia entra nel
programma dello Stato che tutela i cittadini.
Purtroppo, come documentano le cronache, il profitto attrae
l’uomo di e in ogni latitudine, figuriamoci nella nostra amatissima terra,
testimone di saccheggi, ricatti e sottomissioni.
Qui la ‘ndrangheta è una realtà! e l’imprenditore famelico
che intende accorciare i tempi sa dove bussare.
Anche chi vuole stare lontano da certe realtà è condizionato
dal pensiero attaccaticcio delle confraternite. E nel libro gli spunti non
mancano.