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domenica 8 marzo 2020

Sanità in trincea, medici e operatrici ss nuovi eroi

Catanzaro, 10 h al pronto soccorso. Emergency.


In dieci ore se ne vivono di storie! Giovani e meno giovani che costretti alle prime cure mediche nei vari pronto soccorso sono in balìa di codici rosso, giallo, verde o bianco; colori che determinano il grado di urgenza sanitaria a cui si è ascritta la sintomatologia dei casi da gestire.

La sanità è sofferente. Lo dicono le stime e le ripetute gestioni messe dal governo centrale in regime di commissariamento.
Da una parte le cifre, che detto in soldoni, impongono la gestione economica, il fatturato al primo posto nella scala dei valori sociali. In secondo viene, per forza di cose, la salute pubblica e quindi il benessere del cittadino gravato da una serie di piccoli handicap strutturali che mettono la qualità della vita in ultimo piano.

Questo modello ha frantumato le certezze dei singoli e messo in “quarantena” i bisogni primari correlati al benessere psicofisico degli italiani abituati alla prodiga assistenza del presidio sanitario nazionale.

L'epidemia, perché ormai di questo dobbiamo tenere conto, denominata dal ss mondiale covid-19 ha evidenziato le pecche scaturite dall'avere anteposto il fattore economico al benessere sociale, in sintesi avere salvaguardato la spesa pubblica ma mortificato la qualità della vita dei popoli colpiti dal fenomeno emergenziale sanitario è stato davvero proficuo?

In tempi di epidemia come lo è il corona-virus gl'ingranaggi s'inceppano facilmente. E il presidio di pronto soccorso ne fa le spese.

Carenza di personale. Metodologia farraginosa che allunga i tempi d'attesa in modo disumano.
Ecco, in 10 ore di ps sembra di essere in prima linea. È come vivere in trincea e non sai da chi o cosa difenderti mentre arrivano missili da chissà dove sotto forma di tosse o starnuti e sbuffi.

Scene di panico, ieri nel pronto soccorso del Pugliese-Ciaccio di Catanzaro.
Scene da film dell'orrore. Paure amplificate dalla psicosi del coronavirus. Mascherine introvabili. Personale inadeguato all'emergenza. Pazienti e accompagnatori sul chi va là. Dispencer presi d'assalto. E poi, la squadra per la sanificazione che blinda le aree, senza, però, munire di mascherine e guanti le persone in attesa. “Uscite. Spostatevi. Dobbiamo disinfettare”.

E poi la violenza improvvisa:

Il giovane salta dalla barella. Non vuole farsi toccare dai sanitari. Qualche oss cerca di calmarlo. La sua risposta è irrazionale, violenta! “cacciami i mani e coddhu. Tu fazzu vidira. T'ammazzu...”.

È stato un attimo di panico per le operatrici. La violenza del paziente, forse scaturita da una qualche forma di crisi emotiva, ha devastato una porta e fatto piangere e tremare una giovane oss mentre un'altra si premurava di spostare altrove i pazienti in terapia con molto garbo.

E poi la signora giunta in vestaglia da casa già pronta per il ricovero che chiedeva a chiunque di telefonare al marito. “Sì, vedete dotto' questa volta è 'na cosa seria! Mi sento il cuore, no il respiro ho l'affanno sì stavolta è 'na cosa seria da ricovero...”.

Indubbiamente il posto di prima accoglienza è difficile da gestire, ci vuole passione. Dedizione. E come si diceva un tempo: amore per chi soffre.

E ieri sera ho avuto la certezza che gli angeli esistono anche nel presidio Pugliese-Ciaccio di Catanzaro.

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