Un uomo, solo, ma in compagnia di un
dolore interiore enorme, ha scritto la parola fine.
Il dramma, maturato lentamente nella
sua testa, si è consumato l'altro ieri in un paese jonico
catanzarese: Montepaone.
Tra le mura di casa, ha teso una corda
e … giù.
Stanco di una situazione personale
creatasi nell'apatia generale di quanti dovrebbero tutelare e gstire
la società civile ma seguita con attenzione morbosa e punzecchiata
dal piacere voyeristico dei media ha ceduto alla umana debolezza: la
depressione.
Soffriva per le accuse che gli hanno
mosso. La condanna degli ex colleghi. Nonostante la sua strenua
difesa non è stato creduto.
Ha ribadito di non avere mai sporcato
la toga. Di non essere mai stato colluso col malaffare o essere uno
'ndranghetista. La sua colpa, l'unica, detta da lui, può essere solo
ed unicamente quella di essersi fidato di alcune conoscenze in un
momento di solitudine coniugale.
Il suo matrimonio stava andando a
rotoli e lui ha accettato di alleviare le ferite affettive con delle
escort. Dono, pare, secondo gli inquirenti che lo hanno condannato,
di gente 'ndranghetista o vicina a qualche cosca locale. Rafforzata
da una sentenza favorevole ad un inquisito.
Si può rimanere vittima delle
equazioni soggettivizzate dagli inquirenti che applicano le leggi
dello Stato?
Lo Stao e il legislatore sono chiamati
a rispondere sollevando le imperfezioni legislativi laddove ci sono.
Il governo deve rimuovere gli
arroccamenti politici e ideologici. Deve essere garantista. Deve
essere attento alla vita dei cittadini e alle sue esigenze. Perché
le condanne pesano. Bruciano vite umane a prescindere dalla
fondatezza delle prove teorizzate da chicchessia.
Il giudice Giusti si è ucciso non per
vergogna ma per dimostrare la sua innocenza. Questo dice il suo
legale, l'avvocato Femia.
Ma c'è anche chi sussurra che sia
stato “suicidato” e lo scrive tra i commenti del pezzo
dell'agenzia giornalistica ANSA dal titolo “Ndrangheta: suicida ex
giudice Giusti, era ai domiciliari”.
Ma qui non si vuole, anche perché non
abbiamo i mezzi e le possibilità investigative, accusare o
condannare l'uno o l'altro. Si avverte l'impotenza dello Stato nella
missione della tutela al cittadino, buono o cattivo che sia.