Giovanni Marziano, olio su tela, (1978) Massimiliano |
Anni importanti per la crescita culturale mondiale.
In America come in Europa si vive un clima effervescente, si passa dalla fase preistorica industriale del ferro all'impiego dei derivati del petrolio, alla plastica; e grazie alla ricerca, in poco tempo, gli utensili di nuova generazione invadono i mercati, le case e infine le strade; ed è proprio dalle strade che inizia la trasformazione dell’oggetto.
Da oggetto alienato che ha concluso la sua funzione vitale, diventa, per mano dell’artista, un’altra cosa.
Diventa linguaggio; testimonianza di un’epoca.
È l’evoluzione del pensiero duchampiano; il ready made; l’oggetto ritrovato che sviscerato dalla sua funzione originale si fa linguaggio altro.
La provocazione di Duchamp contamina il fotografo e artista Man Ray e il resto della cultura visiva degli anni 60.
Anche Andrew Warhola, meglio conosciuto come Andy Warhol si lascia contaminare dai fermenti innovativi di quegli anni e sfrutta al massimo le potenzialità pubblicitarie. Infatti riprodusse, anzi fece riprodurre gli oggetti fotografati o disegnati in serie, e li immise sul mercato dell’arte.
Le serigrafie di Warhol sono diventate un cult. Per alcuni sono opere d’arte degne di nota mentre per altri no! Comunque si voglia intendere, è da convenire che Andy Warhol ha avuto quell’attimo d’illuminazione Zen, come diceva Mimmo Rotella, che lo ha spinto oltre il comune senso della visione settoriale parcellizzata.
Insomma, Warhol si trova nella condizione storica di poter proporre multipli a basso costo e a chiunque.
D'altronde è da sciocchi stare a lisciare la tela per giorni quando basta un clic ben azzeccato; l’importante è l’idea; il linguaggio poetico che l’artista evoca col suo gesto e trasmette. Anche la pittura, intesa come lavoro artigiano è preistoria! Perché non avvalersi delle nuove tecnologie?
Indubbiamente, il bel dipinto rimane l’unico mezzo per dimostrare valenza pittorica, ma nulla di più!, se non vi è dentro l’anima di chi lo ha realizzato!
Anche Mimmo Rotella, coi suoi decollage, è stato bistrattato e offeso. I detrattori non hanno capito la genialità dei linguaggi metropolitani. Cosa che invece Mimmo Rotella ha saputo raccogliere e donare all’arte.
Gli anni sessanta sono stati anni importanti per la crescita culturale e sociale; hanno dato spunti a scienziati, tecnici, industrie, lavoratori, artigiani e artisti in generale.
Le innovazioni, contaminando i percorsi di pensiero, determinano nuovi lemmi nei linguaggi creativi; da ciò si evince la consequenziale fioritura formale dei lessici figurali ed è altrettanto ovvio che chiunque li adoperi ne tragga beneficio; per cui, anche la figurazione intesa in senso strettamente tradizionale trova possibilità esplicative differenti. Viene da sé che il pittore della domenica non rimane tale in eterno e neanche il neofita; se ama davvero l’arte e la reputa volano di crescita collettiva si spinge al di là del fattore puramente formale pittorico, approfondisce studi e ricerche per migliorare pensiero e linguaggio.
Negli anni 70 sono visibili i risultati dei fermenti esplosi nel decennio precedente.
Consumismo e pubblicità la fanno da padroni. Inutile elencare gli artisti che a vario titolo hanno adoperato materiali pubblicitari per esprimersi e smuovere le coscienze. Molti di questi prodotti ora si trovano nei musei o fanno bella mostra nelle esposizioni private, altri li hanno staccati dalla parete e riposti in cantina.
Anche se, i linguaggi innovativi, in certi casi, hanno creato nuovi geni o mostri giacché Sacro e Profano è stato mescolato per tesaurizzare anche i prodotti effimeri, è indubbia la valenza semantica apportata dall'osservazione creativa dei Maestri.
Gli anni settanta sono importanti per chiunque, anche per me!
Sono gli anni della frequentazione culturale e artistica; gli anni dell’impegno sociale anche attraverso la pittura. Incontri e scontri dialettici con gli amici pittori e poeti che sfociano nella costituzione di un centro culturale nel ’77.
Alcuni di quegli amici non ci sono più, altri continuano nel lavoro artistico. La loro presenza, comunque, rimane viva.
Ho già parlato, in post precedenti, di Enzo Toraldo, Aniceto Mamone, Pino Celi. Adesso aggiungo Giovanni Marziano.
Di Giovanni Marziano c’è in casa una presenza costante: la tela col ragazzo in maschera realizzato nel suo vecchio studio di via arcivescovado, nel centro storico di Catanzaro.
Ricordo Giovanni in uno dei rari momenti di pausa. Si discuteva di tutto e si scherzava. Gli chiesi un dipinto. Lui mise una tela sul cavalletto, fece sedere Massimiliano, mio figlio, e iniziò a lavorare. Dopo qualche ora mi diede la tela e mi disse: ecco è Massimiliano tra qualche anno.
In effetti il ragazzo raffigurato aveva qualche anno anagrafico in più; ma lui, Giovanni, da artista attento, seppe ravvisare i tratti che col tempo si sarebbero, e si sono, palesati in un Massimiliano grandicello.
Ovviamente nessuno è rimasto ancorato all'esperienza iniziale. Io faccio ricerca e studio i linguaggi visivi e tutto ciò che stimola la creatività attraverso il gioco. Giovanni ha sempre voluto cimentarsi nella figurazione e oggi produce un linguaggio che ha radici profonde, che per certi aspetti può trovare assonanze nella poetica di Warhol e ben oltre; una figurazione precisa, reale più della realtà stessa, che potrebbe essere, a mio avviso erroneamente, inserita nel filone dell'iperrealismo, perché non credo che questa sia la giusta collocazione, anzi risulterebbe riduttivo giacché nasce e si sviluppa attraverso i nuovi media asserviti, però, alla creatività soggettivizzata di Giovanni Marziano. Insomma, siamo agli sviluppi estremi di teorie e pratiche di artisti come Man Rey, che rivisitati concettualmente oltre che tecnicamente assurgono a "concetti visivi" unici e vanno a coprire quella parte di figurazione narrante, ancora cara nella finzione visiva, e ricercata dai più.
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