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martedì 1 agosto 2023

Aspettando le frecce tricolore

 Tra cielo e terra.


Con la testa e gli occhi verso l'azzurro del cielo aspettiamo il passaggio delle frecce tricolore.

Il lungomare di Catanzaro è, come sempre, caotico: macchine e persone in entrambi i sensi conferiscono vitalità nel tratto del porto interessato all'esibizione.

Si cerca il fresco; i più previdenti sono riusciti a conquistarne una piccola porzione sotto le fronde degli alberi che punteggiano a intervalli regolari il lungomare di lido.

Il passaggio delle frecce tricolore è previsto tra le 11.40 e le 12.40 circa.

Tutti col naso all'insù e con un occhio all'orologio (sono le 11e50 passate e ancora lo spettacolo non è iniziato!) si aspetta al caldo estivo uno dei pochi eventi che ricorda e rende tutti orgogliosi di essere italiani.

Il rombo dei motori anticipa la visione degli aerei acrobatici nel cielo terso della Marina di Catanzaro. Il capo stormo vola più in alto degli altri velivoli. Lo stormo si allinea e, in pochi attimi, lo spettacolo finisce. Il tricolore si dissolve velocemente nell'azzurro cielo calabrese.


Il capo stormo impenna. Il faro del suo velivolo lampeggia e messosi alla testa della squadriglia punta in direzione del centro storico. Pochi attimi e le piattaforme social inondano le piazze mediatiche con le immagini delle frecce tricolore che sorvolano piazza Matteotti e il corso cittadino mentre srotolano il lungo evanescente tappeto tricolore.

Pochi attimi, il tempo di un flash e si torna coi piedi e la testa sull'asfalto.

Fa caldo ma la persona sul marciapiede in cammino verso nord sembra non sentirlo.

Il suo abbigliamento è, per usare un eufemismo, bizzarro!

La pesante asciugamano avvolta sulla testa a mo' di turbante, potrebbe essere una sorta di protezione dai raggi cocenti del sole di fine luglio.

Sì, potrebbe. Potrebbe suggerire questo l'asciugamano sulla testa se non indossasse un lungo quanto logoro cappotto e un paio di scarponi!

Cammina lentamente trasportando inutili buste. Buste di plastica che contengono altre buste di plastica e una capiente busta di carte nell'altra mano probabilmente piena di nulla anche questa.

È un barbone! Penso.

Lo avvicino perché ritengo che: Comunità significa tendere una mano, offrire aiuto a chi è in difficoltà ma:

“Cosa vuole? Le ho chiesto qualcosa? Non mi serve niente... perché mi gira attorno?”. “Non si preoccupi, credevo avesse bisogno di qualcosa...”. “No! Ancora sto bene! Non ho bisogno di nulla! Men che meno dei servizi sociali”. Risponde piccata.

È una donna! Una donna anziana. Smunta. Con il volto segnato da profonde rughe che, aggiustandosi la mascherina sulla bocca e sul naso, compreso la bontà dell'intrusione, ringrazia argomentando con una proprietà di linguaggio sorprendente la sua scelta di vivere ai margini e stare sola ma libera.

È una donna colta! Non il solito stereotipo del senzatetto rozzo violentato dalle vicissitudini quotidiane che lo hanno messo ai margini. No! Lei si è messa con lucidità ai margini di una società ambiguamente opulenta, ipocritamente altruista.

E per avere preso una decisione così estrema merita rispetto!

Quanti di noi avrebbero il coraggio di abbandonare gli affetti, qualora ce ne fossero, spogliarsi degli averi, delle cose che abbiamo conquistato?

Senza dubbio, per il modello di vita sociale dominante, è un'azione rivoluzionaria estrema.

Chissà se ha alzato gli occhi al cielo per osservare i fumi verde, bianco e rosso . Di sicuro non ha postato su facebook uno stato da like condivisibile



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