Deriva della ragione pura e nuove barbarie.
Alcune considerazioni a margine della presentazione del libro di Filippo Veltri dal titolo “Calabria silente”. Edito da Rubbettino.
n. fiorita, f. veltri, n. belcaro |
Mentre i relatori parlano mi tornano
alla mente gli anni giovanili della passione politica. Incontri, assemblee... analisi.
Sì, era passione pura la nostra! Sentimento che spingeva al superamento delle diversità e al livellamento dei problemi sociali non solo per me ma per una miriade di ragazzi che credevamo nel cambiamento epocale: l'alienazione dei privilegi dei pochi a favore della moltitudine costretta a vivere ai margini della sottocultura dei potenti. Poveri e ignoranti che ringraziavano i “padroni” pure per le briciole ricevute come se fosse un dono inaspettato e immeritato, che lui, il padrone del momento, magnanimamente, donava ai meritevoli.
Sì, era passione pura la nostra! Sentimento che spingeva al superamento delle diversità e al livellamento dei problemi sociali non solo per me ma per una miriade di ragazzi che credevamo nel cambiamento epocale: l'alienazione dei privilegi dei pochi a favore della moltitudine costretta a vivere ai margini della sottocultura dei potenti. Poveri e ignoranti che ringraziavano i “padroni” pure per le briciole ricevute come se fosse un dono inaspettato e immeritato, che lui, il padrone del momento, magnanimamente, donava ai meritevoli.
La storia si ripete.
Ci s'interrogava, ieri come oggi, sul
perché di certi atteggiamenti sociali e sulle distrazioni di massa
studiate scientificamente dagli strateghi della politica per dare in
pasto alle masse un nemico e iniziare una di quelle battaglie
fratricide e tra poveri.
Il fermento sociale di ieri non esiste
più. Non esistono i grandi movimenti di massa. I movimenti
studenteschi e dei lavoratori. Non esistono i maestri di vita che
fungevano da faro dei partiti che si ritenevano vicini al popolo. Non
esiste più il salario garantito nelle grandi industrie. Non c'è più
il turnover perché non ci sono le grandi aziende pubbliche o private
bisognose di forza lavoro.
Esistono nuove povertà:
intellettuali e materiali. Cercare
i colpevoli è superfluo.
Il depistaggio mediatico ha nuovi
maestri e nuovi allievi da scolarizzare.
La massa ha bisogni impellenti da
soddisfare; la gente non ha la testa e neanche la voglia di stare ad
ascoltare e intervenire su questioni ritenute di lana caprina,
inconcludenti e ripetitivi.
L'apatia o la distanza dai centri di
potere politico e decisionale diventano vanto degli stolti che fanno
il paio con l'arrogante grido: “fuori i migranti! Affondiamoli a
mare.”
Con molte probabilità la delusione si
è accumulata nel tempo. La rabbia fa pronunciare qualsiasi
nefandezza.
Che ne è stato del lavoro dei Padri
costituzionalisti, che ne è stato dello statuto dei lavoratori? Del
diritto allo studio, al lavoro? E all'accoglienza?...
Gli uomini e le donne, quelli che un
tempo erano i riferimenti sociali non hanno saputo mantenere il
legame fiduciario col popolo?
La cultura, quella dai principi sani,
quella che induce alla ragione, alla meditazione pacate dei fenomeni
sociali sembra seppellita, annullata nella vita di tutti i giorni.
Per queste cose c'è la piazza
mediatica. Sui social, nell'area virtuale, forse trincerati dietro
l'anonimato e nascosti dal nik name, i freni inibitori cadono, ci si
lascia andare. Lo sfogo liberatorio è terapeutico per le
frustrazioni subite dall'assurdo ordine imposto dai poteri economici
e sociali.
Sulle piattaforme l'individuo esiste se
ha dei seguaci; è potente quanto più like collezione. E se per
raggiungere ciò deve urlare cazzate lo fa. Poco importa chi ferisce
o ammazza. Dietro al computer, l'influencer, si sente potente,
invincibile. È un divo! Il nuovo cesare, declinato anche al
femminile, esalta o abbatte i suoi cortigiani.
I rumori mediatici si amplificano e
alimentano like dopo like i post. Rimbalzano con le condivisioni
degli ignoranti. E dopo tanto parlare le energie calano. E sì, è
una fatica enorme stare dietro ai numerosi follower s, dare loro
soddisfazione, condividerne gli umori... alimentare le fobie...
Ecco, forse è questo il motivo del
silenzio nella vita reale di tutti i giorni, caro Filippo.
Io auguro, per i nostri figli e per i
giovani, che la storia non finisca come tu concludi citando i titoli
dei tuoi libri: dopo la Calabria dolente la Calabria silente: poi
resta poco.
Quel poco suona sinistro.
Spero, invece, che a vincere sia ancora
una volta la ragione pura. E che la volontà di quanti credono nella
bontà culturale sappia rompere i muri di silenzio che fanno bene
solo a chi li ha eretti narcotizzando le menti coi selfie e i
proclami d'altri tempi.
Nessun commento:
Posta un commento
LA PAROLA AI LETTORI.
I commenti sono abilitati per chiunque passa da qui, si sofferma, legge e vuole lasciare un contributo all'autore del post.
ATTENZIONE! Chi commenta i post del blog è responsabile di quanto scrive. Pertanto non è prevista nessuna moderazione o censura ai commenti salvo evidenti illiceità.