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martedì 13 settembre 2022

Dio salvi l'umanità!

 

Lo show business della corona.

La morte della regina Elisabetta è divenuto un evento mediatico di tutto rispetto. Dal momento dei primi malori che ne presagivano la dipartita i testimoni del tempo: i mass media nelle varie forme della comunicazione di massa si sono impossessati degli eventi connessi dalla empatia che la monarchia gode anche oltre il regno unito e le sue colonie.

Uno dei primi bollettini medici dà il senso della misura mediatica contemporanea: “la regina è vigile: ricorda i nomi dei suoi cavalli...”.

Proseguendo nel gossip:

L'eredità della regina ha numeri da capogiro! Si parla di 28 miliardi di dollari, sterlina più o meno. Beni che non si possono vendere appartenenti alla Crown Estate, (portafoglio finanziario di proprietà della Corona Britannica) oltre agli immobili Buckingham palace e ai territori del ducato di Lankaster, della Cornovaglia, Kensington palace e la crown Estate Scotland. Beni che la famiglia riceve il 25% dei profitti e il resto va al tesoro britannico. La crown estare ha incassato nel 2020 oltre 475 milioni di dollari e di questi, oltre 120 milioni sono stati impiegati dai reali per spese ufficiali, viaggi, buste paga, sicurezza e altro.

Gli affari hanno giovato anche ai fiorai turchi! Anzi li ha messi in imbarazzo tant'è che hanno dovuto chiedere straordinari alle maestranze florovivaisti e nuova manodopera a tempo determinato per potere soddisfare la richiesta proveniente dall'Inghilterra.

Lo spreco corre sulle ali dell'emotività!

Esserci. Testimoniare. Spettacolarizzare un evento umano da cui nessuno è esente nonostante le cure sanitarie e la presenza costante di luminari irraggiungibili per il resto degli esseri viventi. Riempire spazi di fiori e gadget. Esserci nonostante i dolori della guerra e dei profughi costretti alla fuga. Esserci e dimenticare per dieci giorni i drammi quotidiani degli ultimi, beh, valutate un po' voi a me sembra davvero il colmo

giovedì 27 ottobre 2011

incidenti che lasciano il segno

Fa davvero bene vedere tantissima gente sconosciuta, circa 25/30mila, queste le stime giornalistiche, al funerale di un ragazzo morto durante il lavoro. Un lavoro un po' speciale che se sei davvero bravo guadagni tantissimo in denaro e ti fa uscire dall'anonimato, e lui, Sic c'è riuscito tant'è che ci sono voluti due mega schermi per trasmettere la cerimonia nel piccolo paese del ragazzo deceduto durante il lavoro e accontentare così i curiosi accorsi da tutt'Italia. Persino la moto ha avuto un posto di riguardo in chiesa, affianco alla bara. Televisioni, giornali cartacei e web hanno fatto a gara per testimoniare l'evento.

Personalmente ho avuto un fremito di raccapriccio quando ho visto in tv la scena dell'impatto sull'asfalto della pista tra le due moto che sopraggiungevano e il corpo inanimato del motociclista caduto per motivi imprecisati. Ho sofferto insieme al padre quando l'ho visto piangere.
Perdere un figlio è un dramma che segna tutta la vita a chi è sopravvissuto e non conta se la cerimonia è stata seguita da migliaia di persone. Per i genitori la folla non conta. Non servono i palloncini, i segni d'affetto dei fans, i mega schermi, le attestazioni degli sponsor quando la luce dei propri occhi si spegne.
Ancora una volta il dramma è stato servito. I mass media ligi al dovere hanno puntato impietosamente i riflettori e sbirciato nelle ferite private, hanno raccontato le vite semisconosciute dei familiari del personaggio famoso che domani dovranno fare i conti con un peso nel cuore in più.

Ciao Marco! Ciao a tutti i ragazzi che perdono la vita a vent'anni, ai padri di famiglia che muoiono lavorando senza protezioni adeguate perché precari e alle vittime del maltempo perché qualcuno non ha saputo tutelare l'ambiente e l'incolumità dei cittadini.

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