Ho fiducia.
Ho fiducia nelle giovani menti quando
dicono di volere cambiare il mondo.
giovani e potere (installazione, gentile concessione arch. iannino) |
Anche la mia generazione si è data da
fare per cambiarem in meglio la società. Puurtorppo lungo il
viaggio
molte argomentazioni sono cambiate, manipolate strumentalmente a
volte in buona fede per dare risposte immediate al malessere sociale.
Negli anni della contestazione
studentesca, stagione unica e intramontabile, (gli studenti di
qualsiasi era sono e saranno sempre alla ricerca continua di
startegie politiche per arginare i sopprusi sociali imputabili ai
padri e aprire il varco temporale che conduce gli sfruttati nell'eden
tranquillo dettato dal benessere terreno) i figli del '68 si
scherarono contro i padri.
Giovani di buona famiglia, i
cosiddetti figli di papà. della borghesia e dei “padroni” hanno
consapevolmente saltato la staccionata e si sono messi dalla parte
dei poveri e dei diseredati convinti di potere cambiare il gioco
delle parti e apportare giustizia sociale.
Alcuni di loro riuscirono ad arrivare
al potere. S'insediarono e leggiferarono. Altri intrapresero percorsi
differenti. Qualcuno divenne uomo di cultura. Qualcun altro docente
nelle diverse strutture istituzionali o private. E, qualcun altro.
Pochi, pensarono di sovvertire l'ordine costituito con la violenza.
Attentati, rapimenti, sequestri. Operazioni suggerite da menti malate
e povere culturalmente.
L'epilogo di così tanta
abnegazione nel volere cambiare in meglio la società è conosciuta e
ne stiamo subendo le conseguenze.
Non dico che ci sia stata mala fede
nelle generazioni passate. Almeno c'era nell'aria l'odore
dell'adrenalina nelle piazze, sotto i palchi dei leader politici e
sindacali si respirava un sano phatos. C'era la consapevolezza di una
possibile scalata sociale per i volenterosi figli di operai e
lavoratori caparbi, ragazzi che volevano studiare e farsi una cultura
per crescere.
Essere diplomati o laureati, fino a
ieri, significava qualcosa. Era l'inizio.
I giovani di oggi sono per lo
più tutti con un attestato nel cassetto che non trova sbocchi nel
mondo del lavoro. Laureati che fanno i camerieri o che si presentano
in centinaia di migliaia per un posto da postino. Diplomati e
laureati a zonzo... ma sempre con il pallino di volere cambiare
questo mondo governato dai loro coetanei mossi dai burattinai di
sempre.
Ma non tuto è perduto. Ho fiducia.
Confido nella sovrannaturale cultura dell'empatia. Una sorta di
malattia interiore che non si apprende sui banchi di scuola.
L'empatia è un virus contagioso che
spinge a comprendere e condividere. È consapevolezza dell'altro,
delle sue esigenze, che sono le stesse delle tue e delle mie. Stati
d'animo che ci fanno sentire nell'inferno o nel paradiso in base allo
status sociale nella nazione in cui si approda. è solo e semplicemente una questione di sensibilità culturale priva di bandiere, simboli e dogmi terroristici.
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