Eduardo De Filippo diceva: “a da passà a nuttata!” in tempi di ristrettezze economiche sofferte dalla stragrande maggioranza dei popoli che hanno vissuto rivoluzioni culturali e industriali a cavallo delle guerre mondiali.
Il suo teatro era la messa in scena della vita stessa con i suoi drammi quotidiani, le fatiche, i soprusi, le angherie dei potenti, in merito alle ultime vicissitudini, quando il potere abusava dei deboli, Eduardo, metteva in bocca all'attore una frase di rassegnazione “…è cosa e niente…” per riscattarlo, infine, con un liberatorio “nun c’a facciu cchiù! Mò basta!”.
Non è cosa da niente quanto sta accadendo in Italia; e se non soffrissimo per le ambiguità propinate negli ultimi decenni dai politici che si sono avvicendati nella scena italiana e che hanno gestito malamente gl’interessi pubblici sembrerebbe di vivere una delle tante commedie scritte dal buon Eduardo. Commedie che gettavano le radici nella società dell’immediato dopoguerra e che oggi ritornano ad essere attuali.
Che dire delle feste natalizie? Rispolverare un melanconico “ti piace u presepe?” e metterci affianco alla sacra famiglia i tantissimi lavoratori che hanno perso il lavoro e che non sanno dove sbattere la testa mentre c’è chi si arricchisce sempre di più?
Un dato salta agli occhi di tutti: l’accordo non scritto e neanche detto a chiare lettere tra i politici di tirare a campare e lasciare a qualcun altro il compito di togliere le castagne dal fuoco in un futuro prossimo, con calma, tanto loro non hanno fretta.
E nel frattempo, Ministri della Repubblica e autorevoli esponenti politici rispolverano metodi autoritari, per dare un contentino ai più stanchi e agguerriti, dimenticando, forse che qualcun altro, adoperando le stesse strategie condusse l’Italia alla rovina. O è anche questa una strategia?
Speriamo di no! ma nell'Italia delle sceneggiate e delle autocelebrazioni referenziali tutto è possibile.
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