racconti di vita in Calabria
In molte famiglie del sud quando la sorte decide di mutare il corso degli eventi e la vita del capofamiglia cessa, solitamente, se in età matura, il figlio maschio più grande subentra a espletare le esigenze cui era preposto il padre; assume la guida della famiglia, si prende cura dei fratelli più piccoli e presta attenzione alle esigenze della casa fino a quando qualcuno dei fratelli subentra nel ruolo lasciato vacante dal padre.
Ma non per tutti è così! Lo sa bene Ciccillo il figlio di don Salvatore, un musicista di banda che per il suo ruolo di direttore d’orchestra era stato soprannominato “u capu banda”.
Don Salvatore, il maestro di musica accoglieva i ragazzi del paese in casa sua, insegnava loro ad amare la musica, a giocare con gli strumenti, prima in maniera casuale, talmente casuale che la moglie, donna Peppina, una santa donna, per invogliare i ragazzi allo studio sistematico della musica e degli strumenti li rimpinzava con dolcetti fatti in casa e zucchero caramellato così da far cessare al più presto lo strazio disarmonico delle note distorte che si perdevano nell’aria.
Ciccillo era il più piccolo della nidiata, 9 figli viventi e due aborti naturali subiti da donna Peppina per stenti durante la guerra.
Un malaugurato giorno, don Salvatore radunò i ragazzi e caricati gli strumenti sul pulmino, partirono di buon mattino alla volta di Papanice. Lì, nel papaniciano crotonese, si celebrava la festa patronale e lui, come capobanda più conosciuto della zona avrebbe dovuto aprire le celebrazioni a san Pantaleone, protettore di Papanice nonché di medici, ginecologi e ostetriche. Purtroppo, la banda non arrivò mai nella frazione a sud di Crotone per colpa di un farabutto che scaricò a bruciapelo… ma andiamo per gradi:
don Salvatore, sistemati i ragazzi, dopo aver dato un’ultima occhiata alle corde che serravano gli strumenti sul portapacchi, sale in macchina, ingrana la prima e lentamente intraprende il viaggio. Superate numerose curve, nell’unico rettilineo, un pastore litigava animosamente con un contadino. Il maestro bloccò il pulmino e scese con l’intenzione di pacificare gli animi ma partì il colpo dalla doppietta imbracciata dal pastore e fu l’ultimo suono che don Salvatore sentì.
La notizia corse veloce nonostante l’assenza dei mezzi di comunicazione e donna Peppina ebbe il tempo di vederlo riverso sotto un albero con le mani pressate sull’addome. Scambiarono le ultime parole, ultime promesse d’amore e fedeltà. Donna Peppina non si risposò nonostante i moltissimi pretendenti, tra l’altro, era ancora una bella donna, molto attiva e con un discreto fondo terriero, ma lei pensò bene di mantenere fede alle ultime promesse fatte al marito e poi aveva il timore che il nuovo eventuale marito potesse maltrattare i figli. D'altronde, i figli più grandi erano autonomi da qualche anno, il primogenito lavorava come muratore e il secondogenito faceva il geometra. Il primo era più fisico, amava il lavoro manuale mentre il secondo, più delicato fisicamente, era più portato alla riflessione e allo studio.
Non si sa se vi siano stati dei programmi in famiglia, ma si suppone di sì. Fatto sta che i due figli maggiori, superato il tempo del lutto, partirono alla volta del nord. Il secondogenito, ancorato ai valori della famiglia e logorato dalla lontananza, dopo vari tentativi d’inserimento decise di ritornare a casa. Il primogenito, quello che avrebbe dovuto assumere su di sé il peso maggiore, curare i sopravvissuti e garantire un minimo benessere, bèh, di quello si sono perse le tracce. Ah, pare abbia famiglia e vive all’estero.
(segue: le astuzie del barone)