La tua morte è la mia vita!
Sembra essere il pensiero imperante
contemporaneo che domina tutti. Politici. Imprenditori. E gente
comune. Il sociale non esiste. E quello che è mio non si tocca!
I confini territoriali sono ritenuti in
assoluto off limits. Siano essi geografici o commerciali. Non possono
sfuggire al controllo autoctono dei capi branco. Il territorio deve
essere protetto da chiunque possa comprometterne la stabilità e la
supremazia del capo.
È davvero misero colui o colei che
alza scudi, muri fisici e barriere ideologiche all'imprevisto. Al
nuovo. Alle nuove esigenze delle singole persone e dei popoli
oppressi da fame e miseria.
Ho incontrato uomini e donne di diverse
razze. Alcuni di questi, nobili nell'animo, portano con loro la
propria cultura con estrema dignità. Propongono mercanzie o servigi
accompagnandole col sorriso. E anche davanti ai ripetuti dinieghi
continuano a mostrare solarità positiva.
Altri mendicano. Altri ancora
infrangono le leggi. E c'è persino chi, i motivi li lasciamo
dibattere agli studiosi scientifici che si interessano di
comportamento e ai politici che dovrebbero evitarne i fenomeni,
dissacra l'altro, violenta le donne e non accetta la cultura
occidentale e i relativi progressi fatti nel porre la donna al centro
della vita sociale. E festeggiarne opportunamente i ruoli di mamme e
di lavoratrici instancabili.
È sotto gli occhi di tutti! Alcune
culture non collimano.
Ma le necessità impongono comprensione
e rispetto per quanti fuggono dall'inferno africano. Ovviamente è
lecito controllarne le incongruità inerenti al fenomeno migrazione.
Dietro i drammi dei singoli spesso si nascondono inimmaginabili
storie di mercanti privi di scrupoli, tratte di carne umana,
malaffare gestito dalla criminalità organizzata con sedi nei paesi
interessati al fenomeno migratorio e, a volte, consentito
tacitamente, dai governi.
Ostacolare i flussi sembra essere
impossibile (molte organizzazioni ci stanno mangiando) come pure
arginare le guerre che portano enormi ricchezze alle industrie
belliche.
Che fare? Un tempo si diceva di non
fare l'elemosina a chi è in difficoltà ma dare una possibilità di
crescita economica e culturale possibilmente laddove sorge la loro
casa o capanna che sia.
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