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domenica 26 maggio 2013

cucina mediterranea, semplice, gustosa, economica

LUMACHE AL SUGO

Cucina mediterranea semplice, gustosa, economica.
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Un po’ di storia:
La cucina calabrese è il risultato delle colture praticate da millenni dalle popolazioni che hanno vissuto i luoghi mediterranei della Magna Graecia.
Antropologicamente, nell’entroterra calabrese, gli abitanti adottano i frutti della terra e l’allevamento generalizzato di suini, ovini, caprini, bovini, per il sostentamento giornaliero; mentre lungo le coste, essendo la pesca la principale risorsa economica, le conserve, consistono in prodotti sottosale, sarde e alici, sottolio, tonno sgombro e pescespada, e la più rinomata “sardella” piccante da spalmare sul pane conosciuta anche come caviale dei poveri. La creatività, dettata dalle esigenze strutturali, induce le massaie a non sprecare nulla, tant’è che la loro parsimonia, considerato lo stile di vita in voga in alcuni paesi dell’entroterra fino agli anni 60/70 che, per prassi, non si limitavano solo all’espletamento dei servigi casalinghi ma andavano anche a lavorare nei campi, le induceva a sfruttare appieno quanto di commestibile riuscivano a trovare nelle aree d’intervento. Consumato fresco o conservato con adeguati accorgimenti per i tempi di magra, il frutto della terra era trattato con estrema sacralità. Si va quindi dalle provviste dei prodotti spontanei, trovati in natura come funghi, lumache, erbe e frutti di bosco in genere e quelle coltivate; non manca nulle nelle dispense:
Le castagne nella sabbia per mantenerle fresche, grappoli d’uva appesi, fichi d’india, fichi secchi, serti di aglio e cipolle, peperoni, patate, olive e ortaggi in salamoia e la provvista di carne e grasso animale ottenuta dalla macellazione del maiale.
In tempi di carestia, causati dall’uomo o dalla natura, le castagne, i funghi, le patate, i fagioli, il granturco, il grano, i pomodori e le erbe selvatiche contribuiscono al superamento di tempi bui come la guerra, il dopoguerra, la calura eccessiva, la siccità o le alluvioni.

L’uomo, sfruttando appieno il suo spirito di sopravvivenza, riesce a rendere gustosi e piacevoli tutti i doni che la provvidenza offre, animali e vegetali; persino i molluschi, opportunamente cucinati, si trasformano in manicaretti deliziosi.



Lumache al sugo di pomodoro:

Il periodo ottimale per la raccolta delle lumache, chiamate in dialetto calabrese in vari modi a seconda della località (vermituri, mussimoddhi, virdeddhi, ‘mporteddhati ecc.) avviene dopo le prime piogge autunnali, non appena il terreno inzuppato d’acqua sveglia le lumache in letargo e le induce a tornare in superficie per cibarsi e accoppiarsi. Mentre le “mporteddhate” che, essendo, appunto “barricate” in letargo e isolate da una barriera biancastra che le lumache secernano per sigillarsi dentro “casa”, sono stanate con oculatezza dai “vermiturari” uomini che scrutando la superficie del terreno brullo si accorgono della lieve protuberanza sotto cui si cela la lumaca, e, con delle zappette apposite riescono a raccoglierle senza schiacciarle.

Ricetta:
Lasciare le lumache in un recipiente (scolapasta) coperto per tre/quattro giorni con dei pezzetti di mela;
Lavare abbondantemente ogni giorno;
al quarto giorno fare bollire dell’acqua e buttarle dentro la pentola per 5 minuti circa;
nel frattempo soffriggere a parte uno spicchio di aglio, due foglie di alloro, un peperoncino piccante,
mettere le lumache bollite nel soffritto e coprirle con sugo di pomodoro e acqua. Portare in ebollizione per cinque minuti e buon appetito!

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