Il Führer in ginocchio fa più paura di quando stava ritto a comandare stermini e predicare l’apologia della razza ariana.
Ci siamo lasciati sopraffare dall’effimero urlato. Il frastuono mediatico avvolge città e menti. Le sensazionalità pacchiane modaiole inglobano cinema, televisione, letteratura, arte visiva e quant’altro attiene ai linguaggi dell’uomo.
Non importa se certe operazioni culturali rasentino il kitsch, o lo siano davvero, l’importante è solleticare le curiosità, far parlare quanta più gente possibile, interessare i mass media e divulgare l’evento.
Si confonde il cattivo gusto con la spontaneità primitiva, assimilabile al fare gio(i)©oso dei bambini non contaminati dai saperi dogmatici.
S’investe in studi e progettazioni della comunicazione, e fin qui nulla di strano, ma non sull’etica dell’arte.
Si assoldano paparazzi e giornalisti per dare eco ad eventi altrimenti sottaciuti mentre si nascondono verità d’interesse generale.
Persino la biennale di Venezia ha bisogno di uno “scandalo”, di qualcosa d’inusuale.
Insomma, si deve catturare l’attenzione pubblica, quindi, anche, persone non addette ai lavori, sollecitando curiosità morbose piuttosto che invitare artisti che hanno fatto e continuano a fare ricerche linguistiche nel campo della visione.
Va bene uno Sgarbi, che, oltre alla conclamata cultura acquisita, sa fare chiasso, urlare e inveire, cavalcare gli eventi, purché i proiettori siano puntati sull’industria dell’arte del 2011.
E vale bene un divieto d'affissione per catalizzare le attenzioni su un'importante esposizione d'arte contemporanea. Ma, da vecchio romantico, auspico, non un chiasso effimero, bensì attenzione duratura nei confronti dei linguaggi dell’anima, da parte degli addetti ai lavori e dei mass media.
Concludo, quindi, con i più sinceri auguri di buon lavoro a Maurizio Cattelan e Vittorio Sgarbi.
polimaterici, 2009, m.i., "rosso" e, in alto, "nei sud"
polimaterici, 2009, m.i., "rosso" e, in alto, "nei sud"
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