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giovedì 3 dicembre 2009
yes we can, si può fare
“Ci sono cose per cui sono disposto a morire, ma non ce n’è nessuna per cui sarei disposto a uccidere.” (Gandhi)
Se si considera che il premio Nobel per la pace non è stato assegnato per ben 19 occasioni tutte inerenti a conflitti estremi come le due guerre mondiali, la guerra fredda tra Usa e Urss, la guerra in Vietnam, quello assegnato a Barack Obama avrebbe dovuto essere da stimolo per chiudere definitivamente i conflitti aperti dalla super potenza americana nell’era Bush.
Per questo, abbiamo accolto positivamente la decisione della giuria di assegnare il Nobel per la pace a Barack Obama; eravamo sicuri che il neo Presidente continuasse nella ricerca della pace e mantenesse fede a quanto promesso durante la campagna elettorale.
Quel suo "yes we can" “si può fare” fece il giro del mondo; accese speranze sopite; ridiede linfa alle ideologie pacifiste perché da sempre il mondo intero guarda all’America e al suo Presidente come alla massima espressione democratica che vigila e tutela le libertà.
La notizia di queste ultime ore lascia perplessità e amarezza in quanti speravamo nel cambiamento.
È difficile pensare a Obama come a un prosecutore di deliranti strategie guerrafondaie. No! Non ce lo saremmo mai aspettato da lui un dispiegamento di 30 mila nuovi soldati usa in Afghanistan e la richiesta di contributo agli alleati europei, Italia compresa.
Alla luce dei fatti recenti, il Presidente Barack Obama dovrebbe rimandare il Premio per la Pace al presidente del comitato per il Nobel Thorbjoen Jagland, accompagnato da una breve nota di scuse per quanti muoiono inermi sotto i bombardamenti o a causa della malnutrizione fisica e mentale prodotta dalla strategia della tensione economica e sociale delle nazioni evolute.
YES WE CAN, SI PUO' FARE!
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