È in vigore dal 29. 2. 2012 un testo “salva suicidi”.
Ricordate? Molti imprenditori per
ovviare ai debiti con lo Stato, dopo essersi rivolti a strozzini e
anche banche, si sono, purtroppo, suicidati.
Lo Stato, questa volta, ha fatto una
legge, la 3 del 2012, appunto, definita salva suicidi che estende
i benefici, oltre agli imprenditori, anche alle famiglie fallite con
procedimenti debitori in atto da equitalia.
Il testo completo della normativa è
facilmente reperibile sul web. Si trovano anche molti casi di
indebitamenti cancellati dal giudice.
Questo in sintesi la buona notizia che
mostra il volto benevolo di uno Stato sconosciuto. Uno Stato attento
ai bisogni dei cittadini incappati nella rete debitoria per effetto
della crisi, con la legge 3 del 2012 ha messo le condizioni di
evitare affanni e, peggio, suicidi, nelle famiglie che non riescono a
fronteggiare i debiti:
un giudice può decretarne il
"fallimento". È una soluzione a cui ricorrono in pochi.
È, ripeto, una legge che permette il
cosiddetto "fallimento familiare", mentre tradizionalmente
fino al 2012 erano solo le imprese che potevano fallire, e cioè
affidare al giudice la decisione di ristrutturazione del loro debito,
pagando solo in parte gli obblighi a cui erano tenute per i debiti
accumulati, a fronte di una situazione che permette di affrontare
questi pagamenti parziali.
La legge del 2012 ha permesso di elaborare
dei piani del consumatore per famiglie che per motivi gravi (perdita
del posto di lavoro, la morte di un percettore di reddito, una grave
malattia o altre situazioni di difficoltà non colpevole) vogliono
far fronte ai loro obblighi di debito, non possono pagare tutto il
debito a cui sono tenuti, ma vogliono affrontare dignitosamente il
loro dovere.
Il giudice può, una volta accertate
tutte queste condizioni, imporre ai creditori un abbattimento del
debito a fronte di un pagamento di una parte del totale come nuovo
impegno del debitore.
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