E stamattina mi è crollato un altro ricordo piacevole.
Lo custodivo
gelosamente insieme alle cose belle della mia infanzia. Era il luogo dei giochi
spensierati e delle ore trascorse all’aria aperta in compagnia dei miei amici e
compagni di classe dopo l’espletamento delle lezioni.
Villa Trieste mi si è presentata ostile fin dall’ingresso di
viale dei normanni: erbacce, cassonetti colmi e divelti lungo le scale
ristrutturate e con passamani imponenti.
Un tempo le scale immettevano ai “cento metri”, un rettilineo
pianeggiante lungo cento metri, oggi sfociano in una area definita in gergo
dialettale “l’orticeddhu”, l’orticello. Differente, oggettivamente, dall’orticello
curato da mani esperte e sapienti che
dona frutti, " ‘nte l’orticeddhu e tutti" regna l’abbandono e il degrado. Il vandalismo
non è maggiore rispetto ad altri spazi comuni imbrattati e violentati dalla
goliardia pruriginosa ma si vede, e non è un bel vedere.
Catanzaro, villa trieste |
Degrado a parte, la sorpresa sgradevole giunge alla fine del
percorso.
Quando penso di essere alla soglia dei “centometri” una
bella rete di plastica, quella tipica che si usa per recintare i cantieri
edili, chiude perentoriamente l’accesso. Non resta altro che tornare indietro.
Prendo le scale a destra del cancello d’accesso e, sulla
sommità, un’altra rete, sorella della precedente sbarra il passaggio. Bene,
anzi male! Da qui non si arriva in centro. Mi tocca tornare indietro e fare la
strada normale. Penso tra me, quando un cartello inchiodato al muro attira la
mi attenzione. È un’insegna grossolana ma efficace e salvifica che dà
indicazioni chiare: per il centro salire le scale…
Seguo le indicazioni e … mi crolla un mito. Persino le
papere e i cigni hanno abbandonato il laghetto maggiore dove una corona di
alghe fa da cornice alla fontana bronzea che sta al centro.
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