In-attesa.
E poi arriva l'imprevisto. Inatteso.
Fulmineo imperativo stop. Categorico e bruciante peggio del pur
consapevole e necessario coito interrotto.
L'attesa, ha detto qualcuno, è
migliore dell'evento. Durante il tempo dell'attesa, se si programma
un viaggio di lavoro o una vacanza le aspettative sono sempre rosee.
Specialmente se si tratta, appunto, di una piacevole programmazione
voluta e lungamente desiderata. Niente è lasciato al capriccio del
caso. Ogni aspetto è curato nei minimi particolari: il percorso
completo del viaggio, i compagni di viaggio, le tappe, i ristori.
Nulla è lasciato alla casualità.
Persino i tramonti e le albe si tenta di impacchettare nel proprio
immaginario scenografico secondo personalissimi canoni di bellezza.
Ma ci sono dei disegni nascosti ai
quali l'uomo nulla può... e quando piovono addosso eventi
indesiderati non c'è altro da fare che attendere. Attendere
saggiamente il decorso karmico oppure reagire. Essere fieramente
protagonisti del proprio destino.
E nell'attesa:
Le prime luci del giorno spuntano a
rischiarare la vallata. Il canto assordante delle cicale da sempre
ospiti tra i rami dell'ulivo secolare penetra i timpani. Il cielo si
tinge di rosso. Il mare, giù a valle, è quieto. Il pescatore aziona
l'argano. La rete si raccoglie ai suoi piedi. I pesci si dimenano
intrappolati sotto i suoi occhi nella rete.
Alcuni accadimenti non sono del tutto
fortuiti. Le avvisaglie arrivano nitide. In caso di malore fisico, un
po' di febbre. Una leggera indisposizione. Emicranie o indolenzimenti
in alcune parti del corpo. Piccoli campanelli d'allarme da non
sottovalutare che curati tempestivamente evitano decorsi ben più
gravi. Ma quando di mezzo c'è la cattiveria umana il discorso
cambia. Si deve essere vigili. Non si verificano febbri e le
maldicenze uccidono i buoni d'animo.
Cosa fare, quindi, per essere, non dico
immuni ma, quantomeno previdenti e arginare il fango gratuito degli
stupidi? Osservare minuziosamente gli atteggiamenti dei bipedi
parlanti. Soppesare le parole sentite, quelle dette e da dire ...
… ma non sempre ciò è possibile
specialmente quando le parole sono gettate al vento da scaltri
detrattori o si pensa l'interlocutore una persona sincera e anche se
culturalmente poco evoluta ma scevra da invidie e gelosie.
Spesso è difficile discernere nel modo
giusto ciò che arriva sul substrato dei ricettacoli esterni, vuoi
perché condizionati dai nostri bisogni e dai desideri temporanei e
quindi facile prede delle strategie umane.
Invariati rimangono, invece, i
programmi della natura. Gli alberi danno i frutti nei tempi giusti. E
questo è il tempo delle pere e dei fichi.
Il vispo topo di campagna getta sguardi
furtivi in ogni direzione mentre saltella impertinente sul pero. E il
merlo dalle piume nere e col becco giallo svolazza tra le larghe
foglie del fico maturo.
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